Carlo Conti ha detto no ai monologhi, ma non per questo il suo Sanremo 2025 sarà privo di messaggi potenti. Anzi, forse mai come quest’anno la voce più forte sarà proprio quella della musica. È una scelta che rompe con una tradizione recente del Festival, dove i discorsi impegnati erano diventati un momento centrale, spesso e volentieri divisivo. Ma la decisione del direttore artistico non significa rinunciare ai contenuti. Al contrario, significa lasciare spazio ad un linguaggio più universale, più profondo, più incisivo: quello delle note, della melodia, delle emozioni che solo la musica sa evocare.
Un messaggio potente nella prima serata di Sanremo 2025
Nel corso della prima serata, svoltasi ieri, martedì 11 febbraio, sul palco dell’Ariston la cantante israeliana Noa e la cantante palestinese Mira Awad si sono esibite insieme sulle note di Imagine di John Lennon. Un brano che non ha bisogno di presentazioni, un inno alla pace che risuona attraverso le generazioni e che oggi, in un mondo lacerato da conflitti e divisioni, assume un significato ancora più potente. Ma non è stato il testo della canzone a parlare più forte. È stata la loro presenza, il loro mostrarsi unite, il loro fondere le voci in un solo canto. In un periodo storico in cui le parole vengono il più delle volte travisate, manipolate e utilizzate addirittura come armi, la musica resta uno dei pochi linguaggi puri, capace di trasmettere verità senza bisogno di spiegazioni.

La musica come risposta all’odio e alla violenza
Noa è tornata a Sanremo trent’anni dopo la sua prima partecipazione, in un momento in cui il suo Paese e il mondo intero stanno vivendo una crisi profonda. Il suo nuovo album, The Giver, nasce dalla sofferenza seguita al massacro del 7 ottobre e alla guerra che ne è scaturita. Eppure, la sua risposta non è il rancore, non è l’odio, non è la chiusura. È la musica. È il desiderio di trasformare il dolore in qualcosa che unisce, in una riflessione che non sia solo personale, ma collettiva. Noa sceglie di cantare perché crede ancora nel potere dell’arte come strumento di dialogo, come forza capace di creare ponti laddove la politica e la storia hanno costruito muri.
E non è un caso che lo abbia fatto a Sanremo. Il Festival, al di là delle sue dinamiche televisive e commerciali, è da sempre uno specchio della società. Qui si sono raccontati i cambiamenti del Paese, le sue contraddizioni, le sue battaglie. Qui la musica ha spesso anticipato il futuro, mettendo in scena l’evoluzione dei costumi, delle idee, della sensibilità collettiva. Ed è proprio in questo contesto che l’esibizione di Noa e Mira Awad assume un valore ancora più grande. Nessun discorso avrebbe avuto lo stesso impatto. Nessun monologo avrebbe potuto trasmettere con la stessa intensità il significato di quel gesto: due donne, due artiste, due popoli divisi, che per una sera si stringono in un abbraccio fatto di note.
Una rivoluzione a colpi di note
La musica ha questo potere. È un linguaggio che supera le barriere, che si insinua dove le parole non arrivano, che entra nei cuori senza bisogno di permessi. Dove la politica alza muri, la musica costruisce ponti. Dove il dibattito si arrocca in posizioni inconciliabili, la musica apre spiragli di dialogo. Dove la realtà sembra senza speranza, la musica diventa un faro nella notte.
E allora, forse, la scelta di Conti non è una rinuncia, ma una rivoluzione silenziosa. Invece di spiegare, lascia che sia la musica a farlo. Invece di dichiarare, lascia che sia la melodia a evocare. Invece di alzare bandiere, lascia che siano le voci a intrecciarsi. Perché certe verità non hanno bisogno di essere urlate. Basta ascoltarle.
Il dolore e il lutto che stiamo vivendo hanno creato uno spazio per una riflessione profonda, che mi ha spinto a condividere i miei sentimenti, le mie idee e la mia visione attraverso la musica – Noa
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