Com-Unicare, (CUM = insieme, MUNUS = incarico, dovere) ossia rendere pubblico qualcosa con lo scopo di unire. Da che mondo è mondo, l’uomo comunica, non per necessità e nemmeno per volontà. Difatti, egli è comunicazione ed è intrinseca alla sua natura la propensione a manifestarsi nella sua totalità di esser-ci come linguaggio, come cifra da interpretare. Non a caso, il grande Aristotele disse che “l’ uomo è un animale sociale, pertanto è impossibile la a-comunicabilità“.
A quando risalgono i primi segni della comunicazione?
I segni della propensione comunicativa sono emersi da numerosi studi archeologici. L’essere umano è nato per collegarsi agli altri esseri e il linguaggio, heideggerianamente parlando, è la dimora dell’essere stesso che si manifesta attraverso l’élan del linguaggio. Dai geroglifici alle tavolette di cera, e fino ad arrivare ai papiri, abbiamo avuto la certezza che l’uomo ha sempre sentito come un dovere la comunicazione, dovere dettato dallo spirito della coscienza.
La poesia, ad esempio, viene considerata il culmine del linguaggio e della manifestazione dell’essere, ed è da illo tempore il parametro con il quale gli storici si sono dovuti confrontare. Creare forme linguistiche ha significato dare ai posteri il costume di quella società. Immaginiamo il poeta nella sua scarna stanza, in compagnia della luce di una candela, che con una penna di volatile intinta nel calamaio si donava al mondo. Sicuramente non c’era un vasto pubblico, pochi sapevano leggere e scrivere. Tuttavia, mettendo su carta il suo sentire, forniva il segno di tale volontà e del valore che suddetta pratica possedeva.
Una domanda, però, a questo punto è lecita: forse il linguaggio corrisponde alla vita stessa? Dopotutto, ogni cosa che vive attorno a noi comunica, si unisce persino involontariamente e si imprime nella nostra memoria. Dalla favella alla gestualità, tutto è comunicazione e, neanche a dirlo, di recente gli astrofisici hanno parlato di “Tela cosmica”, vale a dire, trame di fili che uniscono l’intero sistema galattico. A tal proposito, nella rivista Multiverso si legge:

Secondo il ‘modello standard’ della cosmologia, l’universo è spazialmente uniforme – o più correttamente omogeneo e isotropo, ovvero con le stesse proprietà in tutti i punti e in tutte le direzioni, a parità di epoca cosmica –, se lo osserviamo a bassa risoluzione spaziale, ovvero su scale di distanza superiori a un centinaio di megaparsec (1 megaparsec, Mpc, equivale a circa 3.26 milioni di anni luce, ovvero a circa 31 miliardi di miliardi di chilometri). Ma, se scrutiamo l’universo con maggiore risoluzione, scopriamo che esso è caratterizzato dall’ammassarsi (clustering) della materia. Galassie, gruppi, ammassi e super-ammassi di galassie tendono, infatti, a formarsi laddove la materia (detta ‘oscura’, come vedremo) si addensa maggiormente: filamenti e membrane di materia si estendono per decine e centinaia di Mpc, formando una gigantesca ‘tela cosmica’ (cosmic web) sulla quale si sono, per così dire, ‘adagiate’ le galassie”.
L’Universo è intriso di comunicazione: i campi di studio
Anche le galassie comunicano, dunque. Ma in che modo? Nel corso degli anni sono sorte diverse metodologie di studio della comunicazione: Filosofia del linguaggio, Psicologia Comunicazione di massa, Sociologia delle comunicazioni, Semiotica e, infine, Linguistica. Queste discipline sono campi di indagine che analizzano l’evoluzione della lingua, il suo contesto storico-sociologico e, soprattutto, l’interpretazione dei segni, che includono il linguaggio non verbale.
La prima macchina da scrivere
Parlando di comunicazione, giugno potrebbe essere il mese ad essa dedicata visto che il giorno 23.06.1868 venne brevettata la prima macchina da scrivere di successo. Tale dispoitivo si sviluppo di pari passo con il giornalismo sin dagli esordi. Fu infatti il direttore di un giornale di Milwaukee (Wisconsin), tale Christopher Latham Sholes, a perfezionarla e a farne un prodotto di successo commerciale.
Sfortunatamente, però, le origini di questo congegno rimangono incerte perché molti altri furono gli inventori che rivendicarono la sua paternità. All’epoca, poi, non esisteva internet e i modi di diffusione delle informazioni, così come quelli di confutarle o confermarle, erano sicuramente più lenti. Tra i presunti ideatori che si fecero avanti, inoltre, c’è perfino Giuseppe Ravizza che, secondo alcuni, fu l’unico e il solo a brevettarla.
In duecento anni, i mezzi di comunicazione si sono evoluti, ma se pensiamo alla penna, al calamaio e alla candela, la macchina da scrivere fu di certo una delle più grandi invenzioni del secolo. Se ne potrebbe convenire, dunque, che non sempre l’evoluzione è da demonizzare, tant’è che, guardando a ritroso nel tempo, ha permesso all’uomo di interagire arginando gli ostacoli di spazio e tempo. Chissà, forse la sola cosa di cui ci sarebbe ancora bisogno è una pedagogia della comunicazione che formi all’uso etico dei mezzi.
Il prof. Andrea Adamoli, docente di Pedagogia della Comunicazione, ha evidenziato quanto segue:
La pedagogia della comunicazione analizza i fenomeni comunicativi dal punto di vista educativo e indaga la dimensione formativa che può assumere la comunicazione nello sviluppo umano e nei vari ambienti sociali. Nella odierna “società della comunicazione” è indispensabile la capacità di lettura critica, in chiave etica e pedagogica, dei fenomeni mediali con particolare attenzione all’uso consapevole, strategico ed etico della comunicazione digitale. La pedagogia della comunicazione quindi si trova da un lato a dover accompagnare la presa di consapevolezza di questi processi da parte degli studenti in un’ottica di cittadinanza consapevole (disciplina della Media Education) e dall’altro a implementare delle pratiche operative che permettano ai futuri professionisti della comunicazione (in particolare al digital e graphic designer) di progettare prodotti e servizi di comunicazione tenendo conto di tutte le componenti di valore, quella economica, ambientale, sociale ed etica.
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