In un’era in cui la ricerca dell’amore sembra affidarsi sempre più a schermi luminosi e algoritmi, esiste un’antica leggenda orientale, quella del filo rosso del destino, che ci porta a riflettere su cosa significhi realmente connettersi con un’altra persona.
L’amore non lo trovi, è lui che trova te. Ha un po’ a che fare con il destino, il fato e ciò che è scritto nelle stelle – Anaïs Nin
Wei era un uomo solo. Rimasto orfano in tenera età, da allora indossava la sua solitudine come una seconda pelle. Se ne voleva liberare a tutti i costi, ma quello strato di inquieta disperazione e mancanza era stranamente tenace, beffardo, forse affezionato. Aveva un’unica soluzione: trovare una moglie e creare una famiglia. Sognava i momenti insieme, le mani di lei strette nelle sue, la sua voce che riscaldava la casa.
Incontrò per caso un tale che si offrì di sistemarlo con una ragazza di ottima famiglia. Questi promise di parlare con il padre della giovane, fissando per l’indomani mattina un incontro per comunicare il responso. Wei non riusciva a chiudere occhio: il sonno gli sfuggiva, come per prenderlo in giro, mentre nei suoi occhi si accalcavano le immagini di una vita in due.
Prima dell’alba si presentò nel luogo dell’incontro. Nel silenzio scrutò un anziano seduto accanto a un sacco e le sue mani intente a sfogliare un libro dai caratteri incomprensibili. Era il dio dei matrimoni, disse, e quel libro proveniva dall’Aldilà. Allora Wei prese a raccontargli la sua storia, la ricerca di una moglie, il sogno di una famiglia, la speranza riposta nella fanciulla bella e di buon partito. Tuttavia, una volta consultato il libro, le parole del dio spezzarono ogni incanto: non era lei la donna che il destino aveva scelto per Wei, ma la figlia di un’anziana donna, Chen, che aveva un banco al mercato. Aveva appena tre anni, ma si sarebbero sposati quando ne avrebbe compiuti diciassette.
Wei si sentì deluso, persino oltraggiato: come poteva una bimba malridotta e priva di ricchezze essere la sua sposa predestinata? Non poteva accettarlo. Decise, quindi, di intervenire e incaricò un suo servo di ucciderla.
La cicatrice del filo rosso del destino
Gli anni passarono veloci e la ricerca della moglie continuò senza successo, finché non sposò la figlia diciassettenne del governatore locale. La ragazza portava sempre una benda sul viso e Wei ne chiese timidamente il motivo.
Quella benda scostata dal viso dispiegò tutta la storia della fanciulla: all’età di tre anni aveva perso l’intera famiglia ed era stata affidata alla governante Chen, finché un giorno fu aggredita al mercato da un uomo che aveva tentato di ucciderla; in seguito all’episodio venne accolta da quello che lo sposo credeva essere suo padre, ma era in realtà lo zio.
Nella mente di Wei riaffiorò tutto come una valanga. Capì che il destino non aveva semplicemente scelto per lui, ma aveva agito in modi a lui incomprensibili. La ragazza che aveva cercato di far uccidere era la donna a lui destinata, e la sua stessa mano, attraverso il servo, aveva causato la cicatrice che ora celava. Il dio dei matrimoni non aveva mentito. Il sacco che portava con sé custodiva il filo rosso del destino, invisibile e indistruttibile, che unisce le anime destinate ad amarsi. Chi è legato da questo filo – aveva detto l’anziano – non importa quanto tempo passi, quanta distanza li separi o quanti ostacoli si frappongano, il destino troverà il modo di unirli.
L’amore ai tempi dell’algoritmo
In questa caotica e disperante età moderna, la ricerca di un contatto umano è più difficile che in altre epoche. Ci stiamo abituando a scegliere un partner seduti sul divano, affidandoci religiosamente all’oracolo/algoritmo, che propone profili, non persone, suggeriti in base a criteri di localizzazione e presunte affinità. Sembra quasi che la ricerca dell’amore debba seguire le medesime logiche di ottimizzazione e produttività che usiamo nel lavoro.
Insomma, in questa epoca di “allucinazione collettiva”, in cui la ricerca della felicità viene subappaltata agli schermi luminosi per paura di rimanere soli, la leggenda del filo rosso del destino può offrire un insegnamento prezioso: imparare a coltivare la speranza. C’è un bisogno profondo di credere che, nonostante le apparenze e la logica, il destino possa tessere legami autentici (questo è l’auspicio) in modi inaspettati.
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