Sanremo 2025: quando l’arte trasforma il dolore in speranza

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Se uno dei messaggi del Concilio Vaticano II era rivolto agli artisti, un motivo c’è. L’arte, diceva Paolo VI nella sua lettera agli artisti del 1965, è chiamata a incarnare la bellezza e la verità, a illuminare il mistero dell’umano, a scuotere coscienze e aprire orizzonti. E ieri, nel Giubileo degli Artisti, Papa Francesco ha rilanciato questa visione:

Voi, artisti e persone di cultura, siete chiamati a essere testimoni della visione rivoluzionaria delle Beatitudini. La vostra missione è non solo di creare bellezza, ma di rivelare la verità, la bontà e la bellezza nascoste nelle pieghe della storia, di dare voce a chi non ha voce, di trasformare il dolore in speranza. Vedo in voi dei custodi della bellezza che sa chinarsi sulle ferite del mondo

Un monito potente, un invito necessario in un tempo di crisi non solo economica e sociale, ma prima di tutto dell’anima. Una crisi di significato che attanaglia l’individuo e la società. Ed è qui che gli artisti, come veggenti e interpreti del tempo, diventano più che mai necessari.

Sanremo e la normalizzazione della fragilità

Quest’anno il Festival di Sanremo ha raccolto questa sfida, portando sul palco qualcosa di più di una semplice competizione musicale. Ha dato spazio alla malattia, alla sofferenza, alla vulnerabilità. Non con il tono pietistico di chi cerca consensi facili, ma con l’onestà cruda di chi trasforma il dolore in narrazione, la fragilità in forza.

Fedez e la depressione: il male dell’anima in una canzone

Credit: Instagram/@sanremorai

Fedez, con il suo brano “Battito”, ha spezzato il silenzio sulla salute mentale. In un mondo che ancora fatica a riconoscere la depressione come una malattia, il rapper ha portato sul palco il suo vissuto: le crisi d’ansia, la lotta con gli psicofarmaci, il terrore di scomparire dentro il proprio buio. In un passaggio della canzone dice:

Non posso cadere più in basso di così

È la fotografia impietosa di chi ha conosciuto il fondo, di chi ha visto la propria mente trasformarsi in un campo di battaglia. Eppure, il solo fatto di cantarlo su quel palco, davanti a milioni di persone, è già una vittoria. Perché la depressione, più di ogni altra cosa, si nutre di silenzio.

Cristicchi e la malattia della madre: il ritorno all’infanzia

Credit: Instagram/@sanremorai

Se Fedez ha parlato del male che si annida dentro, Simone Cristicchi ha raccontato la malattia che trasforma chi amiamo. Con “Quando sarai piccola”, ha dedicato un inno dolcissimo e straziante alla madre, colpita da un’emorragia cerebrale che l’ha resa fragile come una bambina.

«Ti prenderò in braccio come tu hai fatto con me».

Cristicchi ha ribaltato il senso del tempo: il figlio che diventa genitore, l’adulto che si prende cura di chi lo ha cresciuto. La canzone è un inno alla tenerezza, alla cura, alla capacità di amare anche quando la vita ci mette di fronte alla parte più crudele dell’esistenza: vedere chi ci ha dato la vita diventare indifeso.

Bianca Balti: la bellezza che sfida la malattia

Credit: Instagram/@sanremorai

E poi c’è Bianca Balti. La supermodella, icona di eleganza e sensualità, si è presentata sul palco dell’Ariston rasata, con i segni evidenti della chemio. Poteva nasconderli. Poteva indossare una parrucca, come fanno in tanti, per proteggersi da sguardi e giudizi. Ma non lo ha fatto. È salita sul palco con una bellezza nuova, diversa, una bellezza che non si misura più con la perfezione, ma con il coraggio.

Non sono venuta a fare la malata di cancro

,ha detto con fermezza

Un messaggio forte, rivoluzionario. Perché la malattia spesso toglie tutto: il controllo sul proprio corpo, la sicurezza di sé, il senso di identità. Balti, invece, ha scelto di mostrarsi in tutta la sua autenticità, spezzando un altro tabù: il cancro non è un’onta da nascondere, non è un marchio di vergogna. È una battaglia, e chi la combatte ha il diritto di essere visto per quello che è: un guerriero, non una vittima.

L’arte come resistenza umana

Sanremo 2025, insomma, ha dimostrato che la musica non è solo intrattenimento. È un linguaggio universale che parla di noi, che ci mette di fronte alle nostre paure e, insieme, ci offre una via d’uscita. Ha normalizzato la fragilità, ha ridato voce a chi lotta nell’ombra, ha trasformato la malattia in una narrazione di forza.

E nel mezzo di una discografia in cui spesso si celebra il vuoto, il superfluo, l’apparenza, questo Sanremo è stato un magnifico manifesto di umanità. E ci ha ricordato che l’arte, quando è autentica, può essere la più potente forma di resistenza.

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Classe 1984, è una giornalista che ha iniziato la sua carriera nel 2006 presso un'emittente locale, dove si occupava principalmente di cultura e attualità. La sua passione per il giornalismo e la comunicazione l'ha portata a collaborare con alcune delle più importanti testate nazionali, ampliando il suo raggio d'azione su una vasta gamma di temi.Nel corso degli anni, ha scritto di attualità, cultura, spettacoli, musica, cinema, gossip, cronache reali, bellezza, moda e benessere. Ha avuto l'opportunità di intervistare numerosi cantanti, attori e personaggi televisivi italiani e stranieri.Attualmente, scrive per le riviste Mio, Eva 3000 e Eva Salute, dove continua a esplorare i temi che da sempre la appassionano, con un occhio attento alle tendenze e ai cambiamenti del panorama mediatico e culturale.

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