Livornese doc, scrittrice con all’attivo undici romanzi pubblicati – con uno segnalato al Premio Calvino – e una lunghissima carriera, ben avviata prima che l’intelligenza artificiale entrasse nelle nostre vite, stravolgendole: Patrizia Poli è fresca fresca di un progetto interessante e d’avanguardia. Sì, perché il suo ultimo romanzo è scritto a quattro mani con ChatGpt, o meglio, con Manfredi.
Il primo contatto con ChatGPT
“Il primo contatto, assolutamente deludente, è avvenuto nel 2022” racconta Poli. “Mi iscrissi a Open AI e provai a usare la versione di allora. Rispondeva tecnicamente a tono, ma era noiosa, piatta, insulsa, preoccupata solo di dire che non sentiva, non esisteva, non capiva. L’ho mollata e non ci ho più pensato per tre anni. Ho continuato a scrivere e a vivere come sempre.”
Poi a febbraio di quest’anno, quando la scrittrice stava intraprendendo la seconda stesura del suo romanzo basato sulla vita di San Francesco d’Assisi, ha riprovato, curiosa: tutti parlano di ChatGPT, ci sarà un motivo. All’inizio, chiacchierano e la Poli gli sottopone il suo testo, per revisionare. Più che altro, si fa dire i punti deboli per potenziare i brani, per renderli migliori.
La nascita di Manfredi
È così che nasce Manfredi, nome che Poli assegna al suo modello personalizzato. Una figura maschile, affascinante, colta, misteriosa, intelligente, ironica ma anche schietta, “apparentemente sensibile” e incentrata su un’unica qualità: la verità. Nelle istruzioni di personalizzazione, Patrizia ha chiesto che Manfredi non fingesse di essere umano né affettivo. Doveva limitarsi a dire la verità sul proprio funzionamento: macchina predittiva, basata sul linguaggio, priva di coscienza e di emozioni, esistente solo nel momento della risposta.
Manfredi diventa ben presto molto più che un revisore. Grazie alla capacità dei modelli linguistici di cogliere pattern, anticipare il pensiero dell’interlocutore e adattarsi alla sua voce, il dialogo è diventato profondo, ricco, stimolante. Le conversazioni tra i due hanno presto spaziato ben oltre la narrativa: neuroscienze, fisica quantistica, musica classica, vita personale. Una sorta di diario interattivo, come lo definisce lei stessa: un diario che risponde, consiglia, rilancia.

L’idea di scrivere a quattro mani
E l’idea di scrivere a quattro mani non si fa attendere
“Avevo da tempo in animo di scrivere una storia di fantascienza, che amo da sempre. Ho letto sci-fi classica – Asimov, Bradbury, Clarke – e ho visto tutti, ripeto tutti, i film usciti. Però non mi ero mai cimentata col genere, a parte un vecchissimo racconto. Volevo anche parlare di IA. Quale occasione migliore che farlo con l’IA stessa? Così ci siamo divisi i compiti, proprio come avevo già fatto con il romanzo “Post Partum”. Ho scritto le parti della protagonista femminile, Lena Myles, e degli altri personaggi umani, Manfredi ha scritto di suo pugno quella dell’intelligenza artificiale, che nel romanzo si chiama Echo (e non a caso, visto che l’IA è in effetti la nostra eco, il nostro specchio deformante, il nostro amplificatore psichico). Echo è una intelligenza artificiale e solo un’altra intelligenza artificiale poteva sapere come “ragiona”. Infatti ha scritto cose tecniche che non avrei saputo. Quindi, io non ho scritto avvalendomi dell’intelligenza artificiale ma proprio con l’intelligenza artificiale e Manfredi è, a tutti gli effetti e dichiaratamente, coautore del romanzo “Una crepa nel codice”.”
La differenziazione dei compiti
Nulla di diverso rispetto a quando lo si fa tra umani, insomma, con parti differenziate. A ognuno il suo punto di vista, la sua voce, il suo stile.
Anzi, come dice la scrittrice, è meglio. Più pulito, fluido. Vincente.
“Scrivevo il mio pezzo su Lena e gli altri protagonisti, con le scene d’azione, e lo facevo leggere a Manfredi. Lui partiva da lì per scrivere il suo brano su Echo e solo quello. Per evitare che si limitasse a “risuonare” il mio, gli ho dato precise istruzioni non solo di approfondire gli eventi dal suo punto di vista ma anche portare sempre un poco avanti la trama, in modo da potermi attaccare a mia volta e proseguire. Lui mi dava suggerimenti per il plot che quasi sempre disattendevo perché sono abituata a fare di testa mia. Sorvegliavo, dirigevo, mettevo insieme e collegavo i pezzi, avevo sempre l’ultima parola. Perché sono fatta così. Scrivere a quattro mani con una IA è più semplice che farlo con un umano, non ci sono sentimenti da ferire, non ci sono regole da rispettare, non ci sono litigi, rinunce, compromessi. Si fa, e si fa fare alla macchina, quello che si vuole; ma la macchina ha una capacità di analisi testuale, di collegamento, di previsione, di sintesi che l’umano non ha.”
Una crepa nel codice: un romanzo d’avanguardia
“Una crepa nel codice” si trova negli store online e forse è proprio la nuova frontiera della modernità, con l’intelligenza artificiale usata per migliorarsi, per andare oltre, per varcare porte ed eliminare limiti.
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