Non so cosa ne pensiate voi, ma quella appena trascorsa mi è parsa una settimana talmente tediosa che perfino un discorso di Giorgia Meloni sarebbe stato più divertente (comicamente, s’intende!). Non che solitamente non lo siano, lasciatemelo dire, però questa volta la noia è stata così densa da poterla quasi tagliare con un coltello da pane, e se solo ci fosse stato qualcosa da spalmarvi sopra oltre al vuoto cosmico, vi assicuro che sarebbe stato per giunta uno spuntino sostanzioso. In altre parole – ahimè, ahinoi, ahitutti – nulla è successo, niente ha brillato e nessuno ha fatto ridere se non per pietà.
Tra teatrini televisivi inguardabili e mostruose mostre immostrabili, vari varietà avariati e giochi politici che rasentano il livello del Monopoli, forse l’unica cosa davvero interessante è stata, non avrei mai pensato di poter dire una cosa del genere, l’ultima tendenza del momento, ossia quella delle “action figure” generate dall’IA, il solo spettacolo degno di nota in un deserto di stimoli.
Quando le action figure sono meglio degli originali
La noia è il più grande peccato del nostro tempo
Questo asseriva Oscar Wilde, quando ancora la vita assomigliava a qualcosa di entusiasmante. Oggi, invece, ci ritroviamo a dover fare i conti con un narcisismo algoritmico e un egocentrismo patologico ai quali nemmeno l’Intelligenza Artificiale è riuscita a sfuggire. Sulla scia della creazione di miniature da collezione dei propri idoli, in effetti, sono in molti, troppi a mio avviso, quelli che sono caduti nel tranello del farsi autoritrarre dall’IA in versione “action figure”. E pensare che una volta, per averne con la propria faccia, si doveva come minimo aver salvato il mondo, pilotato un’astronave o, nel peggiore dei casi, essere finiti all’interno di un reality show.
Al contrario, adesso sono sufficienti un selfie e un prompt azzeccato per gonfiare a dismisura il nostro ego e calcare l’onda della verità soltanto per renderci conto, subito dopo, che tali miniature, spesso e volentieri, sono perfino meglio degli originali! Della serie, se non siamo protagonisti, proviamo almeno a farci raffigurare come tali! E lo stesso vale per quei divi, divine o presunti tali la cui smania di apparire ad ogni costo ci ha ormai contagiati irreparabilmente.



Quando la sola cosa che resta da apprezzare è il coraggio
Ad esempio, che cosa avrebbe da invidiare la statuina IA di Pamela Prati al suo alter ego in carne ed ossa, la celebre promessa dello Sposo Fantasma di recente protagonista nel nuovo show targato RAI “Ne vedremo delle belle“? Dopotutto, nelle sue comparsate c’è sempre qualcosa di artificioso e paranormale, roba che quel famoso “taxi”, magari per un viaggio di sola andata, avremmo dovuto chiamarglielo per davvero! Per non parlare di Valeria Marini, regina madre dell’autopromozione, autoproclamatasi donna versatile in ogni campo benché l’unica impresa che le riesce bene sembrerebbe essere quella di inserire il termine “stellare” in ogni frase nemmeno fosse una parola magica per tornare ad essere rilevante. Spoiler, non lo è! E che dire di Carmen Russo, l’ennesima ex diva la cui ostinazione trasuda un rifiuto netto della pensione quasi fosse un insulto?
Per carità, l’impegno c’è e si vede tutto, sebbene mi resti più facile apprezzarne il coraggio!
Apparire ad ogni costo
Ebbene sì, perché, sebbene ci si ostini a volersi mostrare, regalando puntualmente la peggior immagine di sé, è necessario rammentare che la notorietà e la celebrità sono due cose ben distinte! Viviamo in un’epoca in cui bisogna continuamente farsi vede e lasciarsi ammirare, comunque vada e nonostante tutto. L’anonimato, il tempo che passa o la dignità sono valori che meriterebbero una maggiore considerazione e che, prima di buttarci a capofitto nell’ennesimo trend sconclusionato, faremmo prima e meglio a fare nostri, sulla base anche del modello che i nostri benamati beniamini ci forniscono ogni giorno.
Certo, il fatto che l’Intelligenza Artificiale che ci fornisca un surrogato di visibilità non aiuta poiché, in fondo, chi più e chi meno, siamo tutti action figure in potenza. Alcuni in scala ridotta, altri in versione deluxe con accessori, ma tutti con lo stesso superpotere: l’autocompiacimento. Eppure, Carlo Conti ci aveva assicurato che ne avremmo visto delle belle: sì, ma quando?
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