La contessa Costanza Ravizza Garibaldi, nipote del conte Giulio Ravizza – a sua volta nipote del
gen. Menotti Garibaldi, primogenito di Giuseppe Garibaldi e Anita Garibaldi – ha ricordato quest’ultima nei giorni scorsi, in occasione del 175° anniversario della sua morte, durante un evento organizzato dal Centro Studi Olim Flaminia di Cesena, presieduto dal cav. Andrea Antonioli, presso l’Ambasciata del Brasile a Roma, al quale hanno pienamente aderito l’ambasciatore del Brasile e San Marino, dott. Renato Mosca, osservando che:
Noi pensiamo sempre ad Anita come a una donna, ma era una ragazzina. Una diciottenne che poi è morta a 28 anni, una vita durata poco. Breve, ma intensa. Piena, piena, piena d’amore, piena di libertà. Voglio sottolineare anche la generosità del suo carattere: ha dato la vita per gli altri. Per una patria che non era la sua. Una donna formidabile. Noi in famiglia abbiamo un ricordo particolarissimo, perché Menotti aveva nove anni quando moriva la madre ed era l’unico figlio che se la ricordava come madre. Lui ha tramandato questo suo ricordo alle sue figlie, la cui primogenita, ovviamente, si chiamava Anita. E io l’ho sentito da mia madre. Lui ricordava sì una grande eroina, sì una donna forte, ma una madre dolcissima. ‘Una madre dolcissima’ utilizzava proprio questa parola che all’epoca non era molto usata. E quindi io voglio ricordare anche la vita come una donna completa. Una donna a tutto tondo, dico io. Una donna forte, una donna innamorata, una moglie fantastica, una madre dolcissima. Un’eroina. Una donna della libertà, della generosità. Ricordiamo Anita anche per la sua bellezza”.
Ma chi era Anita Garibaldi?

Nata nel 1821 in Brasile, Anita era una donna coraggiosa e determinata che combatté al fianco del marito, Giuseppe, nelle loro lotte per l’unificazione e l’indipendenza italiana. Partecipò perfino alle azioni militari e alle battaglie, dimostrando abilità strategiche e leadership, tant’è che fu una delle prime donne a prendere parte a conflitti armati in prima linea, sfidando i ruoli di genere dell’epoca, e svolse anche attività di soccorso ai feriti.
Oltre al suo eroismo sul campo di battaglia, però, la moglie di Garibaldi si distinse per il suo impegno
politico e sociale. Difatti, credeva fermamente nell’uguaglianza di genere e nella necessità di dare alle donne un ruolo più prominente nella società. Insomma, un ideale a dir poco prematuro per l’epoca. Purtroppo, morì prematuramente il 4 agosto 1849 all’età di 28 anni, portando in grembo un figlio di sei mesi, probabilmente per aver contratto la malaria e per l’estenuante viaggio – tra mille pericoli e il
gran caldo – che da Roma avrebbe dovuto condurla a Venezia con la Colonna garibaldina capitanata dal marito, diventando un’icona della lotta per la libertà e l’indipendenza italiana.
Il suo coraggio, la sua determinazione e il suo impegno per i valori democratici e per i diritti delle donne la rendono una figura pionieristica nell’empowerment femminile, anticipando i movimenti femministi del XX secolo.
Il ricordo di un’eroina che sfidò anzitempo gli stereotipi
Nel ricordare Anita, dovremmo forse tenere a mente che la promozione proattiva della parità di genere dovrebbe coinvolgere quante più persone, noi in primis, in modo tale da assicurare alle donne un futuro di uguaglianza e la possibilità di costruire armoniosamente il proprio progetto di vita. Ma come farlo? Ebbene, in questo senso Anita è uno “strumento” eccezionale perché ha incarnato su se stessa il significato della parola libertà, ha voluto e saputo vivere una vita con dignità.
A tal proposito, vorrei sottolineare che la lotta contro i femminicidi, che oggi richiede un’azione urgente a più livelli, passa da una visione coraggiosa dell’umanità. Fondamentalmente “buona” e soprattutto capace di postulare un proprio discernimento. Aggiungo che non basta più postulare un’azione educativa e formativa. Al contrari, serve un’azione promozionale, proattiva, occorre scomodare la memoria di Anita Garibaldi e di chi come lei ha saputo opporsi allo status quo, combattendo contro una società che definire patriarcale sarebbe persino un elogio, un sistema che l’aveva data in moglie ad un uomo che non ha mai amato!
Uno donna coraggiosa
L’italiano, Giuseppe Garibaldi, un marito desiderato, l’ha messa in ombra con le proprie gesta, ma insieme hanno desiderato battersi per un sogno di libertà. Insieme si sono ribellati all’oppressore e hanno sempre trovato la forza di battersi. Il mio appello è che le istituzioni guardino all’esempio di Anita e si impegnino per evitare le ingiustizie dei nostri “Tempi Moderni”, e soprattutto cooperino unite e coordinate, per prevenire le condizioni che le causano.
La battaglia degli “straccioni”
La battaglia degli “straccioni”, ad esempio, in cui fu coinvolta Anita Garibaldi, è sicuramente emblematica delle difficili condizioni di vita e della repressione subita dalle donne e più in generale dal popolo brasiliano. Nel 1839, Anita, all’epoca Ana Maria de Jesus Ribeiro , partecipò a una rivolta popolare nella città di Laguna, nello stato di Santa Catarina, in Brasile. Questa rivolta, nota come Batalha dos Farrapos
(Battaglia degli “straccioni”, per l’appunto), vide i cittadini poveri e sfruttati insorgere contro le autorità e l’élite economica della regione.
Le condizioni di vita della popolazione comune erano estremamente precarie, con povertà diffusa, mancanza di diritti e di opportunità. Questo portò Garibaldi a difendere la causa delle popolazioni brasiliane contro l’Impero per instaurare la Repubblica Juliana. Anita combatté coraggiosamente al suo fianco. Questo episodio la rese celebre e contribuì alla sua fama di donna rivoluzionaria e anticonformista, consacrandola pioniera nella difesa dei diritti dei più deboli.
Tale evento storico rappresenta la lotta necessaria per l’affermazione della libertà e la dignità umana, un approccio ancora necessario per rivendicare l’inalienabilità dei valori che appartengono al genere umano. Il riferimento filosofico a tale assunto può essere ricondotto facilmente al pensiero di Locke: gli individui accettano di entrare in un contratto sociale e di sottomettersi a un governo solo per meglio garantire e tutelare i propri diritti naturali inalienabili (tra cui il diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà). Il governo quindi non è la fonte dei diritti umani, serve invece a proteggerli.
Il retaggio di Anita Garibaldi
Le battaglie di dignità di un popolo sono in linea con il Diritto allo Sviluppo, approvato a maggioranza dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1986. Il cosiddetto Right to Development (RtD) è un diritto umano che riconosce a ogni individuo la possibilità di partecipare, contribuire e godere dello sviluppo economico, sociale, culturale e politico, in cui tutti i diritti umani e le libertà fondamentali possono essere pienamente realizzati. Questo diritto sottolinea l’importanza di un progresso inclusivo e sostenibile, che mira al miglioramento costante del benessere di tutta la popolazione.
L’evento commemorativo, tenutosi presso i palazzo dell’Ambasciata del Brasile in Piazza Navona a Roma, ha sottolineato l’importanza di promuovere la pace, i diritti umani, i valori democratici e la parità di genere, temi che sono strettamente legati al Diritto allo Sviluppo. In conclusione, la promozione della parità di genere e l’empowerment della donna rappresentano obiettivi fondamentali per la nostra società.
Ciò richiede un impegno a vari livelli, sia in ambito educativo che promozionale. In questo contesto, la figura di Anita Garibaldi può costituire un prezioso modello e ispirazione. Attraverso la sua forza, il suo coraggio e la sua dedizione, uniti all’amore e alla dolcezza di una madre, Anita incarna i valori di uguaglianza e di affermazione femminile che devono guidare il nostro percorso di progresso e civiltà. Il suo esempio può pertanto contribuire in maniera significativa alla costruzione di una società più equa e inclusiva, nella quale le donne possano esprimere appieno il loro potenziale.
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