La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, proclamata il 10 dicembre 1948, compie 76 anni. Il suo anniversario può essere nobilitato a “opportunità”, l’occasione per acquisire una migliore consapevolezza riguardo i “lavori in corso”, quello che resta da fare, almeno con riferimento al caso italiano.
I diritti umani devono essere resi un fatto, non un sogno idealistico – L. Ron Hubbard
Malati di retorica “anniversaristica”?
Personalmente risento di una certa stanchezza rispetto alla retorica degli anniversari, “anniversaristica” appunto. Si tratta di quella tendenza comunicativa, sia giornalistica che sociopolitica, che satura il calendario con anniversari, ogni giorno per qualcosa di diverso. Il mio disappunto raggiunge limiti di insopportabilità ogniqualvolta non si riesce ad aggiungere “valore” al fatto storico in sé. La memoria collettiva nel ricordo, se in presenza di particolari condizioni, ne beneficia e si autoperpetua. Ma può bastare questa ovvietà per rispettare e legittimare gli anniversari? Le date importanti, di anno in anno, registrano un progressivo allontanamento dalla realtà. Finiscono per esaurire quel potenziale trasformativo che hanno nella loro fase iniziale.
Detto con altre parole, non amo crogiolarmi nella comfort zone cognitiva secondo cui il solo “76° Anniversario della proclamazione della Dichiarazione dei Diritti Umani” può esser dipinto come un richiamo a quella conquista epocale dell’umanità avvenuta nel 1948.
Persino un raggiungimento tanto glorioso da essere impreziosito della pomposa qualifica di “universale”, può, a conti fatti, costituire poca cosa se non viene valorizzato nella sua pienezza, se non viene compreso nella sua drammaticità contingente.
Come percepiamo i Diritti Umani in questo 76° anniversario?

La percezione che generalmente si ha della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, è di una importante conquista giurisprudenziale delle civiltà occidentali. Ma siamo assolutamente sicuri che tale proclama sia di qualche utilità al concetto che ognuno si è fatto di cosa siano i “Diritti Umani”?
Facendo un esercizio curioso, ho provato ad interrogare qualche giurista. Ho selezionato quelli inclini a dire la verità, per ovvie ragioni. Immediatamente è diventato palese al sottoscritto che siamo di fronte ad una cosa strana: stiamo assumendo che i Diritti Umani esistano perché sono stati proclamati da un’assemblea di delegati degli stati (nello specifico, l’Assemblea delle Nazioni Unite).
Una formulazione di principi-guida
L’evaporabilità di tale conquista universale è presto evidente, la proclamazione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, nella più ottimistica delle descrizioni giurisprudenziali, è una formulazione di principi-guida, non incardinata in alcun sistema giuridico nazionale che abbia forza di legge. Nemmeno è inscritta in un sistema di diritto internazionale superiore alle legislazioni degli stati del mondo, salvo dei richiami qua e là. I diritti umani vengono rispettati se non cozzano eccessivamente con la realtà fattuale dei singoli stati.
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: “doccia” di realismo
Con oltre 50 conflitti attivi, “in streaming” a livello globale, parlare di Diritti Umani può sembrare un ossimoro: favoleggiare scenari paradisiaci mentre le fiamme dell’inferno ci avvolgono con la forza del “hic et nunc“.
Di fronte alla provocazione di tale realismo, capace di gettare nello sconforto l’anima più pura e pia, lo sguardo di speranza che possiamo avere sull’anniversario della proclamazione di quei trenta diritti, può, a ragione, essere sostenuto dal convincimento che ciascuno, nel proprio intimo, coltiva un razionale e legittimo diritto di sognare un futuro migliore per sé e per gli altri.
Il processo di Norimberga

Torniamo per un istante su questo passaggio storico della nostra amata civiltà. L’orizzonte di senso postulato in quel 10 dicembre 1948, attribuibile al polo egemone uscito “vincitore” dalla Seconda guerra mondiale – capeggiato dagli Stati Uniti d’America –, ha rappresentato, e rappresenta ancora oggi, un sogno idealistico che si è contrapposto alla drammatica devastazione e agli orrori inenarrabili che hanno riguardato il secondo conflitto mondiale. Incluso l’uso dell’arma atomica contro i giapponesi.
La proclamazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo è stata un atto di idealismo che, come spesso capita all’agire umano, non è scevro da contraddizioni che ne inficiano la credibilità. Per piegare il discorso, ridurlo con una poco simpatica sintesi, il contesto storico generale più pertinente, a mio giudizio è quello della Giustizia internazionale.
Dal 20 novembre 1945 al 1° ottobre 1946 si svolgeva il processo di Norimberga. Un Tribunale militare internazionale formato da giudici delle quattro potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale che aveva il compito di giudicare 24 prigionieri di guerra nazisti.
“Fare Giustizia” applicando la pena di morte
Quell’atto di “Giustizia” rappresentava un momento cruciale nella storia del diritto internazionale. L’uso della pena di morte sollevava questioni etiche e giuridiche, ma Goring, von Ribbentrop, Keitel, Kaltenbrunner, Rosenberg, Frank, Frick, Streicher, Sauckel, Jodl, Seyss-Inquart vennero condannati a morte per impiccagione, insieme a Martin Bormann, l’ex segretario del partito dato per disperso.
Da un lato, il tribunale cercava di stabilire un precedente per la giustizia internazionale e la responsabilità individuale per crimini contro l’umanità. Dall’altro, l’uso della pena capitale evidenziava le contraddizioni intrinseche nell’applicazione dei diritti umani nella civiltà del progresso. La stessa Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che stava maturando, proclamata dopo pochi mesi, affermerà il diritto alla vita e la protezione contro trattamenti crudeli e inumani.
Tale comportamento “bipolare” non ha mai smesso di scuotermi. Riflette le tensioni tra ideali e realtà, tra aspirazioni di giustizia universale e le pratiche concrete adottate in risposta a crimini di portata senza precedenti. Non è un comportamento cristiano, non è minimamente religioso. A mio giudizio esula da qualsivoglia canone di umanità.
Quei criminali di guerra avrebbero dovuto scontare la loro pena in carcere, e gli Stati Uniti d’America avrebbero dovuto cogliere l’occasione per superare quella forma di giustizia, la pena capitale, in uso nelle civiltà precolombiane dei Maya, dagli Aztechi e degli Inca.
La sfida attuale: superare l’idea che una persona possa essere punita con la morte
La sfida attuale è riiuscire a conciliare gli ideali messi nero su bianco (i famosi 30 diritti umani), sottoscritti dagli stati, con azioni concrete, ma occorre cominciare dal superamento della pena capitale.
La promozione di un sistema di giustizia che sappia rispettare pienamente i diritti umani, garantendo che i principi enunciati nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani siano effettivamente applicati nella pratica quotidiana. Solo attraverso l’implementazione concreta di questi diritti possiamo sperare di costruire una società più giusta ed equa per tutti.
L’Italia, come arrivò alla proclamazione della Dichiarazione?

L’Italia, per restare con i riflettori puntati sulla storia, arrivò all’Assemblea ONU nella forma giuridica di “repubblica”, con una Costituzione entrata in vigore il 1° gennaio 1948.
Per contestualizzare con una certa approssimazione il caso italiano si potrebbe richiamare alla memoria quel periodo denominato “Ventennio”, unitamente a quella breve società antifascista che è nata dalle macerie del fascismo e dell’Italia.
Prendiamo a prestito l’immagine del contadino che ara la terra. Il terreno viene smosso e rivoltato, si rompe la crosta superficiale del suolo e riaffiorano profumi e odori; analogamente partiamo dal richiamare alla memoria la nascita dei Fasci di Combattimento ad opera di Benito Mussolini nel 1919.
Cerchiamo di respirare quell’ardore di rivalsa “militare”, misto anche a “poesia”, a futurismo. Un periodo in cui le parole “eroe” e “martire”, non suonavano come propaganda, erano “orgoglio nazionale”, ma anche cinismo politico, o per alcuni mero spirito di sopravvivenza. Si sovrapponevano istanze sociali dal basso con opportunismo e accomodamenti ben accetti dal mondo dell’industria.
Così, un sentimento di lotta accompagnava la salita al potere del dittatore, non ci si stupiva e non ci si indignava più di tanto.
Dalla devastazione di Benito Mussolini alla Libertà proclamata nella Costituzione della Repubblica Italiana
Cerchiamo di inquadrare ancora più in dettaglio come l’Italia arrivò alla proclamazione in sede Onu.
Il diciannovismo già accennato con la fondazione dei Fasci Italiani di Combattimento, anticiperà la mitizzazione di Mussolini, del “Duce”, “Uomo con una ebrezza nirvanica”, annota di suo pugno nella premessa alla biografia “DVX” della Sarfatti (Mondadori, 1926); per passare al fallimento geopolitico – sociale – militare – economico – finanziario dell’intero progetto “Made in Italy” di riforma fascista della società, e ancora, alla salvifica (e tardiva) defenestrazione dell’inquilino un tempo “tanto amato dagli italiani”. A cui, per corollario nemmeno troppo indiretto, possiamo includere il fallimento della leadership di una monarchia sabauda incapace di raccogliere i cocci e altrettanto incurante e irresponsabile del destino dell’Italia. La guerra civile, l’occupazione, quindi la Resistenza contro gli ex-partner, la Liberazione dall’occupante nazista, giù fino alla provvida scelta del referendum che segnò l’avvento della Repubblica.
Tutto quel periodo, a varie tinte, può essere classificato come periodo in cui lo Stato di Diritto e ancora più precisamente “il buon senso” hanno abdicato in favore di un movimento populista, apparentemente popolare, ma meschino nelle radici, avvelenato di corruzione, opportunismo all’inverosimile, scelte ciniche, con una scala valoriale “al contrario”, contro le minoranze, intriso di arroganza, di prepotenza, di ignoranza, di supremazia della violenza, di razzismo, della sistematica prevaricazione del più forte e del più ricco. Un modello di civiltà costruito sulla gloria dell’impero romano per guadagnare accettazione a buon prezzo, ma delirante, anacronistico in gran parte delle proposte (imposte) con la dittatura e la militarizzazione della gioventù.
Un periodo cupo in cui il popolo è stato governato per mezzo della propaganda, in cui la verità è stata un elemento non-necessario, in cui il paese ha raggiunto abissi inimmaginabili e i diritti umani semplicemente annichiliti dalla ragion di stato.
Poi, quasi a ripagare di tutto quel sacrificio, è tornata la luce, la forma giuridica della Repubblica. Si è tornati a respirare la Democrazia, una Carta costituzionale che sembrava (e sembra ancora oggi ad alcuni), forgiata per creare generazioni di italiani liberi e liberati dagli “uomini soli al comando”.
A distanza di poco più di dieci mesi, in quell’estasi di libertà, la Repubblica Italiana ha potuto accogliere convintamente la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, proclamata dall’Assemblea delle Nazioni Unite.
Analisi dei primi 10 Diritti Umani della Dichiarazione declinati alla realtà italiana

Ecco un’analisi dei primi dieci articoli della Dichiarazione, con relativi esempi nostrani di recenti violazioni:
- Articolo 1: Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Questo articolo stabilisce il principio fondamentale dell’uguaglianza e della dignità umana. La discriminazione razziale contro le persone rom e di origine africana continua a essere un problema significativo, con episodi di segregazione e sgomberi forzati.
- Articolo 2: Ogni individuo ha diritto a tutti i diritti e le libertà enunciati nella Dichiarazione, senza distinzione di alcun tipo. Questo articolo sottolinea l’universalità dei diritti umani. La discriminazione contro le coppie omogenitoriali è stata oggetto di proteste, come quella a Milano contro la decisione del governo di bloccare la registrazione dei figli di coppie omogenitoriali all’anagrafe comunale.
- Articolo 3: Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona. Questo articolo protegge i diritti fondamentali alla vita e alla sicurezza. Il caso di Stefano Cucchi, morto nel 2009 a Roma a causa delle lesioni riportate durante un pestaggio da parte di due carabinieri, è un esempio tragico di violazione di questo diritto.
- Articolo 4: Nessuno deve essere tenuto in schiavitù o servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi sono proibite in tutte le loro forme. Questo articolo condanna la schiavitù e la tratta degli schiavi. Sebbene la schiavitù moderna non sia comune in Italia, ci sono stati casi di sfruttamento lavorativo e tratta di esseri umani, specialmente tra i migranti.
- Articolo 5: Nessuno deve essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Questo articolo protegge contro la tortura e i trattamenti inumani. A giugno 2023, cinque agenti di polizia di Verona sono stati posti agli arresti domiciliari per atti di tortura aggravati dall’odio razziale.
- Articolo 6: Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica. Questo articolo garantisce il riconoscimento legale della personalità di ogni individuo. I migranti e i richiedenti asilo spesso affrontano difficoltà nel vedersi riconosciuti i loro diritti legali, come dimostrato dalle politiche restrittive sull’immigrazione.
- Articolo 7: Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, a una eguale protezione della legge. Questo articolo afferma l’uguaglianza davanti alla legge. La violenza di genere e la risposta inadeguata da parte dello stato sono ancora una seria preoccupazione, con molte donne che non ricevono giustizia adeguata.
- Articolo 8: Ogni individuo ha diritto a un’effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali nazionali per atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge. Questo articolo garantisce il diritto a un ricorso legale. Il caso di Giulio Regeni, un ricercatore italiano torturato e ucciso in Egitto, ha visto una lunga battaglia legale per ottenere giustizia, con molte difficoltà nel processo di ricorso.
- Articolo 9: Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato. Questo articolo protegge contro l’arresto e la detenzione arbitraria. Le politiche di sicurezza e immigrazione hanno portato a detenzioni arbitrarie di migranti e richiedenti asilo, spesso senza un giusto processo.
- Articolo 10: Ogni individuo ha diritto, in condizioni di piena uguaglianza, a un’equa e pubblica udienza davanti a un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e doveri e di ogni accusa penale a suo carico. Questo articolo garantisce il diritto a un processo equo. Il caso di Amanda Knox e Raffaele Sollecito, accusati dell’omicidio di Meredith Kercher, ha sollevato molte questioni sulla giustizia e l’equità del sistema giudiziario italiano.
Questi primi dieci articoli rappresentano solo una parte della Dichiarazione, ma illustrano chiaramente l’impegno per la protezione e la promozione dei diritti umani fondamentali, con esempi di violazioni contingenti.
Quali proposte si possono avanzare per l’Anniversario?

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani rimane un faro di speranza e un punto di riferimento per la giustizia e l’uguaglianza in tutto il mondo. Di qui l’invito a riflettere e agire su vari fronti. Ecco alcune idee su come nobilitare questa data:
- Educazione e Consapevolezza. Utilizzare l’anniversario per promuovere l’educazione sui diritti umani nelle scuole e nelle comunità. Organizzare seminari, workshop e conferenze per discutere l’importanza dei diritti umani e come possono essere protetti e promossi.
- Advocacy e Campagne. Lanciare campagne di sensibilizzazione per affrontare le violazioni dei diritti umani in corso. Questo può includere petizioni, manifestazioni pacifiche e l’uso dei social media per diffondere consapevolezza e mobilitare l’azione.
- Riflessione e Dialogo. Creare spazi per il dialogo e la riflessione su come i diritti umani sono stati rispettati o violati nel corso dell’anno. Questo può includere tavole rotonde, discussioni pubbliche e pubblicazioni di articoli e saggi.
- Azioni Concrete. Promuovere azioni concrete per migliorare la situazione dei diritti umani. Questo può includere il supporto a organizzazioni che lavorano per i diritti umani, il volontariato e la raccolta di fondi per cause umanitarie.
- Celebrazione delle Conquiste. Riconoscere e celebrare le conquiste fatte nel campo dei diritti umani. Questo può includere premi e riconoscimenti per individui e organizzazioni che hanno fatto progressi significativi.
- Innovazione e Sviluppo. Utilizzare l’anniversario come un’opportunità per sviluppare nuove idee e soluzioni per affrontare le sfide dei diritti umani. Questo può includere la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie e approcci per proteggere e promuovere i diritti umani.
Implementazioni

Le violazioni dei diritti umani sono spesso indicatori precoci di conflitti e instabilità.
In ambito ONU e nel diritto internazionale, queste violazioni sono monitorate attentamente perché possono segnalare tensioni crescenti che potrebbero sfociare in conflitti armati. In questo contesto, l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani (OHCHR) svolge un ruolo cruciale nella promozione e nell’implementazione del Diritto allo Sviluppo, adottato dagli stati nel 1986.
Questo diritto è fondamentale perché riconosce che lo sviluppo è un diritto umano inalienabile, e che ogni individuo e tutti i popoli hanno il diritto di partecipare, contribuire e godere dello sviluppo economico, sociale, culturale e politico. Monitorare e promuovere il Diritto allo Sviluppo è essenziale per prevenire conflitti e garantire un futuro più equo e sostenibile per tutti.
Questo diritto si concentra su:
- Partecipazione. Garantire che tutte le persone abbiano la possibilità di partecipare attivamente ai processi di sviluppo.
- Non discriminazione. Assicurare che nessuno sia escluso dai benefici dello sviluppo a causa di razza, sesso, lingua, religione, opinioni politiche o altre condizioni.
- Equità. Promuovere una distribuzione equa dei benefici dello sviluppo, riducendo le disuguaglianze.
- Sostenibilità. Assicurare che lo sviluppo sia sostenibile e non comprometta le possibilità delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni.
In un mondo con oltre otto miliardi di persone (in crescita), il Diritto allo Sviluppo rappresenta una frontiera di libertà e giustizia, va studiato, compreso in tutte le sue implicazioni. Può essere capace di orientare gli sforzi globali verso un futuro più equo e sostenibile per tutti.
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[…] all’uomo. Sono stati codificati da uomini e donne dopo la Seconda guerra mondiale nella Dichiarazione Universale dei Diritti umani, con lo scopo di evitarci una terza apocalittica guerra […]