In Italia la cura degli anziani non autosufficienti rappresenta un Problema nuovo per la società? Il Problema è celato nella generazione dei figli? Come affrontiamo le fragilità legate alla condizione naturale dell’invecchiamento?
Una questione di Diritti
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea all’articolo 25 riconosce agli anziani “il diritto a condurre una vita dignitosa e indipendente e di partecipare alla vita sociale e culturale”.
Coloro che si risentono della problematizzazione dei nonni non autosufficienti di questo scritto potrebbero avere ragioni “da vendere”, il salvacondotto che dovrebbe ammorbidire il giudizio irritato è che ogni caso fa a sé! Eppure, la condizione di non autosufficienza riguarda una popolazione sempre più numerosa.
“Il momento in cui dichiari che un insieme di idee è immune da critiche, satira, derisione o disprezzo, la libertà di pensiero diventa impossibile.” – Salman Rushdie
La provocazione è una necessità irrinunciabile per affrontare l’argomento con la massima libertà di pensiero. Sebbene si possa estendere il ragionamento e trattare come non autosufficienti tutti i bambini, e forse anche tutti gli adulti sino alla loro autonomia economica e finanziaria, il carattere emergenziale del fenomeno, specialmente in Italia, appare nella sua drammaticità quando mettiamo a tema gli anziani, la condizione di fragilità in cui taluni versano.
Ragioni antropologiche?
Si potrebbero ricercare anche le ragioni del fenomeno e andare a capire se vi è una correlazione con l’allungamento della vita media; ma ne caveremmo ben poco. Mentre è considerato normale accudire i bambini e i minorenni per dei genitori, o anche gli adulti che tardano a spiccare il volo dal nido per dirla tutta, è tremendamente più problematico affrontare il tema degli anziani non autosufficienti. È un problema che morde, e mostra tutta la nostra incapacità di affrontare la sfida antropologica.
La cura degli anziani non autosufficienti in Italia va analizzata con il modello di società che abbiamo attualmente in Italia e che prevede famiglie numericamente piccole, composte unicamente dai genitori e dalla prole, spesso si tratta anche di un solo figlio, quindi famiglie e case su misura, per piccoli nuclei. Nuclei famigliari distinti e separati sono figli di un modello statunitense dove è andata affermandosi una valorizzazione dell’indipendenza e dell’autosufficienza dei membri della famiglia, con un’enfasi sull’educazione e lo sviluppo personale dei figli.
Se questa può essere la teoria che spiega i mutamenti antropologici dell’Occidente, cosa facciamo quando un “anziano” non è più autosufficiente? Individuiamo almeno quattro approcci reali:
1. Portarsi il nonno o la nonna a casa

La soluzione più tradizionale, ancorata a un modello di famiglia allargata, che l’ha fatta da padrone nella vita di Ottocento e Novecento, sarebbe quella di ospitare il nonno o la nonna presso l’abitazione dei figli. Un letto in più non è impossibile, oppure si può convertire la camera “degli ospiti”, o ancora quella dei figli che ormai hanno la loro vita.
Ma chi è disposto a “sacrificare” la propria indipendenza?
Quante famiglie sono realmente capaci di rinunciare alla “libertà” di non avere “nessuno tra i piedi”, nessuno a cui dover “badare”?
Al di là dei giudizi moralisti massimali, bisogna sempre evitare di giudicare senza conoscere i casi specifici.
2. Caregiver

La soluzione di cui al punto uno, si accompagna con la figura del Caregiver: un famigliare che si prende cura dell’anziano non più autosufficiente. Il caregiver per definizione non è retribuito.
Non è nemmeno una figura professionalmente riconosciuta. Negli ultimi anni sono stati istituiti dei corsi che cercano di creare occupazione e professionalità nei caregiver.
Cura degli anziani non autosufficienti: occorre una legge nazionale
Molte associazioni che riuniscono i caregiver sostengono che occorre una legge nazionale che abbia come finalità riconoscere la figura del caregiver in senso ampio, al di là del vincolo di convivenza, e che definisca i loro diritti e tutele.
Secondo Isabella Mori, responsabile tutela di Cittadinanzattiva in un comunicato afferma: “Attendiamo una legge nazionale che finalmente riconosca diritti e risorse per circa otto milioni e mezzo di persone, perché ad oggi c’è una situazione molto frammentata con alcune Regioni che hanno emanato normative non sempre omogenee”.
Dai dati raccolti dall’organizzazione, oltre la metà dei caregiver è stato costretto ad abbandonare gli studi o il lavoro, con più di due su tre che dedicano oltre 20 ore a settimana all’assistenza di un familiare.
Ecco alcuni punti chiave per una eventuale riforma della cura degli anziani non autosufficienti in Italia:
- La convivenza non deve essere un vincolo per il riconoscimento della figura e dei diritti del caregiver, in modo da includere anche figli, fratelli, nipoti e amici che assistono i propri cari.
- Potrebbe essere riconosciuto il ruolo di caregiver a più di una persona per lo stesso familiare, individuando il caregiver principale.
- È necessario prestare particolare attenzione ai diritti specifici per i caregiver giovani e giovanissimi, come il riconoscimento di crediti formativi o la validazione del ruolo ai fini del servizio civile.
- L’assistito deve poter esprimere consenso e nominare il proprio caregiver informale, anche attraverso video-registrazione o altri dispositivi di comunicazione.
- Il Piano di Assistenza Individuale dovrebbe includere il contributo volontario e informale del caregiver.
- Si propone di introdurre un limite temporale di massimo 90 giorni per il riconoscimento dello status di caregiver informale presso l’INPS.
3. Badanti
Volendo lasciare per ultima la soluzione delle case di riposo (RSA), resta l’opzione di assumere un assistente famigliare, vale a dire un badante o una badante.
I sindacati sono riusciti a concertare un contratto nazionale per la figura delle badanti (maschi e femmine, conviventi con l’assistito e no, part-time o a tempo pieno), una formula contrattuale che tutela questi operatori e li mette al riparo da sfruttamenti impropri.
La cultura dell’iIlegalità
Purtroppo, l’ignoranza della legge e la tendenza “italiana” a sottrarsi con ostentata furbizia al controllo del fisco, porta a situazioni di lavoratori in nero che lavorano senza alcuna protezione. Ciò, anche se in apparenza è “normale”, espone le famiglie a rischi enormi, e tutto il sistema paese risente degli effetti negative di una illegalità diffusa.
La cultura della illegalità assume dei connotati ben precisi – noti a tutti – ed ha un movente economico e culturale: i valori della nostra comunità sono degradati al punto che le scelte sono di tipo esclusivamente di convenienza economica. Nel mercato dell’assistenza famigliare la domanda e l’offerta hanno un punto d’incontro nell’illegalità, c’è un’alta domanda e una bassa offerta. Questo squilibrio porta a situazioni in cui le attività illegali prosperano, poiché la domanda supera di gran lunga l’offerta legale disponibile.
Non è un mercato regolamentato in alcun modo dallo Stato, anzi, sembra che alcuni partiti cavalchino con totale disinvoltura il dramma degli immigrati che lavorano in nero, una politica compiacente da decenni: li accogliamo e poi li educhiamo al nostro sistema che tollera e strizza un occhio alle pratiche illegali.
Gli immigrati che lavorano in nero spesso non hanno accesso ai diritti fondamentali e sono esposti a sfruttamento e condizioni di lavoro precarie. Inoltre, la tolleranza verso queste pratiche illegali può alimentare un ciclo di illegalità e ingiustizia sociale.
Più della metà lavora in nero
Con riferimento alla cura degli anziani non autosufficienti in Italia è fondamentale che ci sia una maggiore attenzione e impegno da parte delle istituzioni per regolamentare il mercato del lavoro e garantire che tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro origine, abbiano accesso a condizioni di lavoro dignitose e sicure.
Non si tratta di “integrazione”, la direttrice che muove queste dinamiche è un’altra. Basti pensare che non esiste un Albo obbligatorio per gli Assistenti Famigliari: laddove istituito (per esempio in Regione Lombardia), ha un’iscrizione su base volontaria, ed è per una funzionalità limitata, o persino ridotta all’assurdo: serve per l’espletamento della pratica per ottenere il “Bonus Badante”.
Una stima recente rivela che nel nostro paese il numero complessivo dei lavoratori domestici è di 1,86 milioni, ma quelli regolari sono poco meno di 900 mila. Così indica il quinto rapporto annuale sul lavoro domestico redatto dall’Osservatorio Domina. In termini pratici ciò significa che ben il 51,8% dei rapporti di lavoro di colf e badanti sono in nero.
4. Case di riposo (RSA: Residenza Sanitaria Assistenziale)
La soluzione per la cura degli anziani non autosufficienti che viene in mente a tutti, e forse è la prima, è la casa di riposo. Il problema principale, tuttavia, è la retta troppo alta. In Lombardia si aggira tra i 2.000 e i 2.500 euro al mese.
Sommando la pensione (a volte solo la reversibilità del coniuge scomparso o persino la minima) e l’indennità di accompagnamento (per gli invalidi civili totali è di € 529,94 al mese per 12 mensilità), non ce la si fa.
Se l’anziano possiede una casa si può pensare di venderla e garantire il pagamento delle rette, ma spesso gli eredi, che coincidono per legge con coloro che si devono occupare anche dell’anziano, vedono tale possibilità con uno “sguardo temporeggiante”: perché dovrei vendere la casa dei nonni se quando loro non ci saranno più comunque finisco per ereditarla io?
In conclusione, la questione della cura degli anziani non autosufficienti ci pone di fronte a una sfida antropologica fondamentale. Non si tratta solo di trovare soluzioni pratiche come caregiver e badanti, ma di riflettere profondamente su come la nostra società concepisca la dignità e il valore della vita nelle diverse fasi dell’esistenza.
La fragilità degli anziani nella nostra società invita a riconsiderare i legami familiari, le responsabilità sociali e il modo in cui ci prendiamo cura dei più vulnerabili.
Affrontare questa sfida significa, quindi, non solo garantire diritti e risorse, ma anche promuovere una cultura di rispetto e solidarietà che riconosca il contributo inestimabile che ogni generazione porta con sé.
Proposte per migliorare la cura degli anziani non autosufficienti in Italia
In questo contesto, si possono proporre alcune iniziative innovative ed eticamente condivisibili nell’ambito della silver economy:
- Programmi di formazione per caregiver: creare corsi di formazione accessibili e gratuiti per i caregiver, che coprano competenze pratiche e aspetti relazionali, per migliorare la qualità dell’assistenza.
- Tecnologie assistive: sviluppare e promuovere dispositivi tecnologici, come sensori di movimento e app per smartphone, che possano aiutare gli anziani a vivere in modo più autonomo, monitorando la loro sicurezza e benessere.
- Spazi intergenerazionali: incentivare la creazione di centri comunitari che favoriscano l’interazione tra giovani e anziani, promuovendo attività condivise che possano arricchire entrambe le generazioni.
- Modelli di housing collaborativo: sostenere iniziative di co-housing per anziani, dove più persone possano vivere insieme, condividendo spazi e risorse, promuovendo così un ambiente di supporto reciproco.
- Incentivi fiscali per le famiglie: proporre agevolazioni fiscali per le famiglie che scelgono di prendersi cura a domicilio di un anziano, riconoscendo il valore economico e sociale di tali scelte.
- Servizi di assistenza “non ospedaliera” a domicilio: la politica potrebbe occuparsi di strutturare dei sevizi di cura personale a prezzo calmierato, per garantire degli standard di igiene minimi. Per esempio: avete mai provato a far fare la doccia a un anziano non autosufficiente?
La risposta alle tematizzazioni proposte nella cura degli anziani non autosufficienti in Italia non può essere semplicemente tecnica; deve essere costruita attraverso un impegno collettivo in cui ogni individuo, indipendentemente dall’età e dallo stato di salute, possa vivere con dignità e partecipazione, con una piena fiducia nella legalità e nello stato di diritto.
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Articolo che evidenzia in modo chiaro il problema, oggi molto diffusi, degli anziani. “Problema” perché una società troppo veloce non ha più tempo verso chi , in tempo, era considerato la fonte della saggezza. Uno dei problemi è l’eccesso di “Qui e Ora” che “impone” di non pensare al futuro! Quando saremo noi anziani?…
Grazie Theo, hai colto l’essenza della mia denuncia anche troppo pacata sulla cultura dell’illegalità; l’opinione che ho condiviso vuole essere un liscebusso dato alla politica incompetente, quella che è lontana dai problemi reali della popolazione, che però riempie “Qui e Ora” gli spazi facili del gossip, dello spettacolo, dello sport, e dei fatti di cronaca – e con una fallace e non colpevole “assenza” (perché in gran misura non ne hanno le competenze) – non è in grado di edificare spazi di intervento nella dinamica concreta della “Città umana” (S. Agostino).