C’era una volta, tanto tempo fa, in un remoto borgo avvolto da colline silenziose e nebbiose, un’anziana signora che tutti conoscevano come la Befana. Ogni anno, nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, volava sui tetti delle case con la propria scopa per portare doni ai bambini più buoni o carbone a quelli meno virtuosi. E non lo faceva da sola. A tenerle compagnia c’era un gatto, un felino piuttosto particolare e diverso da tutti gli altri, motivo per il quale suscitò sempre un certo fascino, specialmente in colei che per lungo tempo divenne la sua fedele compagna: non era maculato o tigrato, ma nero! Ma in che modo i due si conobbero?
La storia del gatto nero: un protettore o un emblema di cattiva sorte?
Si racconta che, in principio, la Befana vivesse in completa solitudine in una piccola casa al margine del bosco. Era una dimora modesta, ma pur sempre accogliente, con il camino perennemente acceso e un aroma di erbe e spezie che avvolgeva completamente ogni angolo. Un giorno, durante una delle sue passeggiate tra gli alberi per cercare e raccogliere legna, la vecchina sentì un miagolio flebile provenire da un cespuglio. Avvicinandosi, scoprì un piccolo gatto nero, magro e tremante, con gli occhi lucenti come due stelle nella notte.
Lei lo prese con sé, lo avvolse nel suo scialle e lo portò a casa. Lo nutrì con latte caldo e pezzi di pane, e il gatto, grato per il gesto, una volta che si ristabilì, decise di non lasciarla mai più. La gente del villaggio, però, iniziò a diffidare più del solito dell’anziana signora. Il gatto nero, in effetti, era considerato un portatore di sfortuna, un guardiano delle streghe, e la Befana, già ambigua di per sé a causa della sua conoscenza delle erbe e dei rimedi benefici naturali, fu presto oggetto di sussurri, maldicenze e sospetti.
Con il passare dei giorni, dei mesi e degli anni, la gente continuava a mormorare, fino a che la Befana e il suo dolce animaletto non vennero completamente isolati dalla vita del borgo, più di quanto non fossero già. La verità, però, era ben diversa da ciò che gli abitanti del posto credevano. Quel gatto non era un semplice animale né il famiglio di una fattucchiera. Al contrario, era una creatura magica e si dice che avesse il dono di vedere il bene o il male nel cuore delle persone.
Un guardiano della giustizia
Durante la notte dell’Epifania, infatti, quando la Befana usciva per portare i suoi doni, il gatto l’accompagnava, saltando agilmente sui tetti e scrutando con i suoi occhi penetranti all’interno delle case. La vita del mondo lo incuriosiva e ancor di più conoscere l’animo degli individui che lo popolano. Non a caso, era lui ad indicarle quali fossero i bambini meritevoli e quali, invece, dovessero ricevere un ammonimento sotto forma di carbone.
Secondo la leggenda, inoltre, il fedele felino era anche un protettore. In una delle notti più fredde dell’inverno, quando la sua padrona stava per essere sorpresa da un gruppo di briganti, fu proprio lui a salvarla. Balzò sui loro volti, graffiò e soffiò con tale ferocia che i malviventi fuggirono terrorizzati, convinti che un demone fosse venuto a punirli. Da allora, i due divennero inseparabili.
Con il passare degli anni, se non addirittura dei secoli, la figura del gatto nero della Befana venne consacrata a simbolo di intuizione e giustizia, capace di discernere tra chi agiva con il cuore puro e chi, purtroppo, nascondeva cattive intenzioni. Si narra che, ancora oggi, il gatto la accompagni nelle sue lunghe notti di lavoro, invisibile ai più ma sempre vigile. Perciò, se vi capita di sentire un miagolio fuori dalla finestra la sera del 5 gennaio, tenete mente che potrebbe essere lui, intento ad osservare se siete stati buoni o meno. Oppure, ogniqualvolta vedrete un gatto nero, non preoccupatevi: non c’è alcun presagio di sventura!
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