Nel cuore delle foreste, lungo i viali cittadini e nei giardini di casa, gli alberi sono silenziosi testimoni del tempo. C’è qualcosa di profondamente affascinante in loro e noi, anziché meravigliarcene, stentiamo (o non vogliamo, il che è decisamente peggio) a riconoscerlo. Anzi, spesso e volentieri li diamo per scontati, benché vivano vite straordinarie, lente e maestose. Crescono con pazienza, resistono alle tempeste, si aiutano a vicenda attraverso reti sotterranee invisibili e regalano al mondo aria, cibo e riparo senza chiedere nulla in cambio.
E noi, invece, che cosa facciamo? Beh, per citare il celebre scrittore Fëdor Dostoevskij:
L’uomo, nella sua follia, rovina tutto ciò che la natura ha costruito con tanta fatica
La forza della lentezza: gli alberi della vita
Nel mondo naturale, è oltremodo risaputo, la crescita veloce è spesso sinonimo di fragilità. Gli alberi ne sono ben consapevoli ed è proprio per questo che impiegano più vite degli uomini per diventare grandi e robusti. In altre parole, si prendono tutto il tempo necessario. Una quercia, ad esempio, può impiegare decenni prima di sviluppare una chioma imponente, mentre una sequoia gigante cresce per centinaia di anni prima di raggiungere la sua piena altezza. Alcuni alberi, poi, come i pini bristlecone delle montagne americane, possono vivere per oltre 4.000 anni, diventando testimoni di epoche e civiltà che vanno e vengono.
Questa lentezza, però, al contrario di quel che verrebbe da pensare, non è un limite. Al contrario, è una strategia! Crescendo piano, infatti, sviluppano un legno più denso e resistente, capace di sopportare le tempeste più violenti e il peso della neve. Affondano radici profonde nel terreno, ancorandosi alla terra con una presa che sfida il tempo. E mentre le piante erbacee vivono e muoiono nel giro di una stagione, loro accumulano risorse, adattandosi con straordinaria flessibilità ai cambiamenti ambientali e a quei cataclismi a cui stiamo assistendo oggigiorno in maniera sempre più frequente.
Resistere per esistere
Ogni albero è un sopravvissuto, “un underdog” come direbbe qualcuno. Scherzi a parte, nel corso della loro lunga vita questi “giganti della natura” affrontano tempeste, siccità, incendi, parassiti e malattie. Eppure, non si arrendono. Quando il vento cerca di spezzarli, si piegano. Se l’acqua scarseggia, riducono la superficie delle foglie per trattenere l’umidità e, infine, se un ramo si spezza, ne faranno crescere di nuovi.
Alcuni alberi, prime fra tutti le querce, producono tannini che li rendono poco appetibili agli insetti. Altri, come le conifere, secernono resina per proteggersi dai funghi e dagli attacchi dei parassiti. E altri ancora che hanno sviluppato strategie sorprendenti: il pino delle foreste boreali, per esempio, produce semi che si aprono solo dopo un incendio, sfruttando il calore, per colonizzare rapidamente il terreno bruciato.
Ma la loro resistenza non è solo individuale: gli alberi sono parte di una rete vivente che li aiuta a sopravvivere.
Uniti sottoterra: il “Wood Wide Web”
Sotto i nostri piedi, difatti, si nasconde un intero mondo invisibile ma vitale. Le radici degli alberi non sono semplici ancoraggi: sono strumenti di connessione. Attraverso un intricato sistema di filamenti fungini, noto come micorriza, gli alberi comunicano tra loro, scambiandosi nutrienti e informazioni. Basti pensare che quando uno di loro è malato o sotto attacco, può inviare segnali chimici ai suoi vicini, permettendo loro di prepararsi. Oppure, che i più anziani, detti “alberi madre”, trasferiscono zuccheri e sostanze nutritive a quelli più giovani e fragili, aiutandoli a crescere. Insomma, una forma di cooperazione sorprendente, che ricorda più il comportamento di una società che quello di semplici organismi vegetali.
Questa rete sotterranea è così efficiente che alcuni scienziati la paragonano a Internet, chiamandola “Wood Wide Web”, perché non si tratta solo di esseri individuali, ma di un’autentica comunità vivente fatta di “individui” che si sostengono e si proteggono.
Il dono della generosità
Se gli alberi fossero esseri umani, sarebbero sicuramente i benefattori perfetti. Non chiedono nulla, ma offrono tutto: ossigeno per respirare, frutti per nutrirsi, ombra per riposare. Le loro chiome accolgono uccelli e scoiattoli, le loro cavità diventano rifugi per insetti e piccoli mammiferi, e persino quando muoiono, il loro legno in decomposizione fornisce nutrimento al suolo, dando vita a nuove generazioni di piante.
Per non parlare del fatto che specie arboree come i mangrovieti proteggono le coste dall’erosione, mentre altre, come le foreste pluviali, regolano il clima globale assorbendo enormi quantità di anidride carbonica. Senza alberi, dunque, il mondo sarebbe un luogo sterile e invivibile, in primis per quell’essere umano che pare impegnarsi tanto per distruggerlo!
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