Immaginiamo di essere un chirurgo, anzi, una chirurga. Cardiotoracica. E non così così, bravina, ma la migliore, tanto che ci hanno anche chiamato “la ragazza del cuore” e siamo raffigurate in cartelloni disseminati nelle strade. Con il nostro sorriso impeccabile, i capelli biondi e l’aria di chi sta andando come un treno nella vita.
Ecco, la vita di Anne Wiley – protagonista de Il chirurgo di Leslie Wolfe – è così, lei è un portento, per di più ricca e pure bella (tiè, così, per esagerare), anche se nessuno è libero da scheletri nell’armadio e da traumi. Lei ne ha tanti, spoiler, tante cose che nel passato non la fanno dormire bene la notte. E vi farà pure – doppio spoiler – tenerezza, sempre per la vita che fa… ma questa è un’altra storia.
Continuiamo. Abbiamo detto che la Wiley è the best, percentuale di pazienti morti sul suo tavolo 0.
Quanto può essere profondo l’odio?
Ma quel giorno, durante quell’intervento, è un’altra minestra. Quel giorno il cuore del paziente non riparte. Quel giorno poi (prima di iniziare le procedure di rianimazione) lei va, solleva il lenzuolo e vede una cosa che non aveva notato. Una voglia rossa sulla fronte del paziente. Come aveva fatto a non accorgersene?
La protagonista de Il chirurgo di Leslie Wolfe lo odia. Ma non come si odia il compagno di classe che ti attaccava le cimgomme sotto il banco. Di più. Di un odio viscerale, attenzione, assolutamente meritato. Quando torna in posizione per cercare di rianimarlo allora… be’, non si impegna tanto. Molla subito, “ora del decesso” eccetera eccetera. Poi, quando torna a casa, si guarda dentro e quello che ci vede non le piace. Allo stesso tempo, cos’è quella sensazione di… giustizia? Il problema è però che qualcun altro aveva gli occhi puntati su quest’intervento. Qualcuno sembra quasi sapere cosa è accaduto, cosa ha fatto. Eppure sulle carte non è dimostrabile – o forse sì?
Il chirurgo, anzi, la chirurga: ma la strada per la verità è una sola?
Parte quindi una lotta interna verso quella che è la verità, che non è mai assoluta.
Bello, capitato per caso ma molto brillante, vivace. Non allenta la tensione mai, fino all’ultima pagina è una distesa di perché, per come, ma sì, non ci credo. E inevitabile chiedersi “io cosa avrei fatto”? Perché comunque è sempre molto bello dire “io sarei sopra le parti, farei la cosa giusta” ma a conti fatti, nella vita reale, lo sappiamo tutti che ci sono colpe che non si possono perdonare. E al diavolo persino la libertà, quello che conta è sapersi guardare allo specchio senza provare schifo.
Consigliato.
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