Questa volta non parleremo delle nozioni di base che uno scrittore deve avere. Ce ne siamo occupati a sufficienza nelle scorse settimane e, di sicuro, vi saranno ben chiare. Ad ogni modo, chissà, magari in futuro ci torneremo in maniera più approfondita. Stavolta, invece, ci soffermeremo sul prodotto finito, a cominciare dal racconto. Quest’ultimo è un “oggetto strano” da maneggiare con cautela, non alla portata di chiunque pensi che scriverne uno sia uno scherzo.
Purtroppo, ci sono scrittori bravissimi nei romanzi, ma scrivono delle pagine quasi pietose quando si addentrano nei racconti brevi. Certo, scrivere un racconto può sembrare semplice, ma se non ci sono alcuni elementi ne può venire fuori un bel tema scolastico, nulla che ti lasci sorpreso, ti incuriosisca o ti rimanga impresso nella mente per molto tempo. Ma come si fa a inventarsi un racconto?
Come si inventa un racconto?
Il primo requisito è fornirsi di una penna e un libretto per appunti da portare sempre in tasca, o di un tablet o pc portatile per chi è più tecnologico, sul quale segnare immediatamente quella bella idea che arriva quando vuole e – ahimè – il più delle volte ha anche l’abitudine di sparire quando vuole!
Comunque, si comincia sempre a scrivere sperando di incuriosire il lettore e sarebbe bello poterci riuscire sempre. Peccato che per un racconto ciò sia essenziale e non sempre accada! In più, bisogna fare attenzione a non anticipare il finale, anzi, se si riesce a trovare un finale a sorpresa, tanto meglio. D’altronde, bisogna entusiasmare il lettore, non i protagonisti della storia. Per farla breve, chi legge non deve capire come andrà a finire, a meno che conoscere già il finale sia funzionale alla storia. Tuttavia, si trovano di rado racconti così elaborati e difficili da scrivere.
Cominciamo con le cose semplici, che è meglio!
Il racconto breve, un esempio per capire meglio: siate brevi!
Senza tempo
Grossi fiocchi di neve scendevano oltre le sbarre. Il frate sedeva vicino all’uomo con la barba incolta.
“Dunque, quale era il tuo dubbio, figliolo?”
L’altro attese prima di rispondere, si alzò e, salito sulla panca, si affacciò a guardare nella piazza.
“Mi chiedo, padre, se non sia peccato di orgoglio affermare che per creare noi uomini ci sia voluto un Essere Superiore.”
Il frate non rispose, scosse la testa e uscì col viso triste.
“Vorrei essere un gesuita, per saperti rispondere, ma entro stasera lo saprai ugualmente.” Pensò, allontanandosi mentre la porta veniva richiusa.
Fuori, sotto la neve, la gente ammucchiava fascine intorno al palo. I bambini saltellavano e facevano baccano, infischiandosene dei genitori. Tutti erano curiosi dopo tanto tempo di vedere un vero rogo.
L’uomo sbirciava fra le sbarre e la piazza si affollava. La neve scendeva silenziosa e il cielo grigio si sfaldava a pezzettini.
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