La Giornata contro la violenza sulle donne e la retorica vuota delle panchine e delle scarpe rosse

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Credit: Simone Di Matteo

La Giornata contro la violenza sulle donne dovrebbe essere un momento di azione, non solo di retorica. Ogni anno si celebra il solito rituale sterile: fiocchi, panchine e scarpe rosse, slogan, manifestazioni, attenzione mediatica televisiva ma nessun cambiamento tangibile. Per carità, ben venga l’attenzione alta e guai se non ci fosse ma io personalmente sono un po’ stufa di parole e gesti privi di contenuti reali, di soluzioni, di consistenti riduzioni dei femminicidi.

Invece, non solo questo non avviene, ma addirittura nei giorni scorsi abbiamo anche ideologicamente fatto dei grandissimi passi indietro. Mi riferisco alla polemica sollevata da Elena Cecchettin, sorella di Giulia, vittima di femminicidio, contro il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara.

“Il patriarcato non esiste più come fenomeno giuridico”, dichiara il Ministro Valditara

Durante la presentazione della Fondazione intitolata a Giulia, il ministro ha dichiarato che il patriarcato non esiste più “come fenomeno giuridico“. La frase significa che, secondo il ministro, il patriarcato inteso come sistema legale che discrimina le donne o che le considera inferiori agli uomini non è più presente nelle leggi e nelle istituzioni ufficiali. Vero, e mancherebbe altro! Però questo non implica che nella società siano sparite le disuguaglianze o i comportamenti influenzati da una mentalità patriarcale.

Al ministro Valditara sfugge che il patriarcato, al di là della legge è anche un sistema di valori, norme e abitudini sociali che invece ancora oggi evidenziano una disuguaglianza tra uomini e donne. Sancire una legge non comporta che in automatico cambino i comportamenti, le mentalità e le relazioni di potere che invece spesso restano intrisi di un maschilismo che legittima, anche implicitamente, la violenza.

La violenza di genere non è conseguenza dell’immigrazione

Inoltre il ministro in quella stessa occasione ha collegato la violenza di genere ai flussi di immigrazione irregolare. In Italia, oltre l’80% dei femminicidi è commesso da cittadini italiani. Questo dato evidenzia che il problema non è “importato”, come vorrebbe far credere Valditara, ma radicato nella nostra cultura, in tutta quella occidentale. Ridurre il fenomeno della violenza di genere a un problema legato all’immigrazione non solo distorce e nasconde la realtà, ma evita di affrontare il nodo centrale: l’educazione al rispetto delle donne.

Perché i femminicidi non diminuiscono?

Quando dico che sono stanca di retorica, di manifesti con visi di donna lividi e pesti, di panchine e scarpe rosse mi riferisco al fatto che nonostante anni di campagne e leggi contro la violenza di genere, i numeri restano tragici. Il femminicidio non è più un’anomalia ma la parte malata di una società che alla fine tollera passivamente gli abusi.

Ma possibile che davvero non si possa dare una sferzata netta, certa e più determinata di così alla violenza di genere? Possibile che quasi ogni giorno dobbiamo sentire che un uomo ha ucciso la propria donna?

La giustizia, tristemente nota per la sua lentezza burocratica, in questi casi dovrebbe essere veloce e immediata. E senza scuse. Ancora mi risuona in testa l’annullamento dell’ergastolo per Antonio De Pace, che aveva ucciso la compagna Lorena Quaranta durante il lockdown e a cui è stato riconosciuto, come attenuante del gesto, un elevato stress psicologico attribuito alla pandemia da Covid-19.

Anche l’educazione di genere è insufficiente: esiste ancora chiaramente un modello stereotipato di mascolinità dominante e femminilità subordinata. Questo forse è il tema più preoccupante: qui entrano in gioco l’educazione familiare, la scuola e così via. Ma come si fa a dare norme precise a quel senso civico che parte dalla propria coscienza mentre le istituzioni restano immobili o si limitano a proclami vuoti.

Quando potremo trasformare questa giornata in un’occasione per un reale avanzamento sociale?

La violenza contro le donne e le ragazze è una violazione dei diritti umani, una pandemia globale, e un ostacolo enorme allo sviluppo sostenibile, alla pace e alla sicurezza.

Ban Ki-moon, ex Segretario Generale delle Nazioni Unite

Il 25 novembre non può limitarsi a essere una data nel calendario. Ogni femminicidio è il sintomo di una società malata, incapace di proteggere le donne e di educare gli uomini. Cosa stanno facendo davvero le istituzioni? La lotta al maschilismo e alla violenza di genere non è ideologica, ma una questione di giustizia e umanità.

E intanto le famiglie vittime di violenze di genere combattono da sole.

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Studi classici, una laurea in Lettere e Filosofia, e un tesserino dell’Ordine dei Giornalisti. Questo è il CV in estrema sintesi. Ma quello che veramente la descrive è l’amore per la musica, per i libri, il teatro e i viaggi. Ama cucinare le torte e prendersi cura delle sue piante. Odia i calcoli matematici, le percentuali e i problemi di geometria. Ama stare in mezzo alla gente ma ama ancora di più stare con se stessa. Ama la Sicilia, i suoi colori, sapori e tramonti. Ogni volta che la vita le sembra difficile, cerca di raggiungere uno scoglio, si siede e ne parla con il mare.

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