Tra piacevoli sorprese e inaspettati ritiri dell’ultimo minuto, quest’anno all’Ariston, nel corso della 75esima edizione del Festival di Sanremo che prenderà il via oggi, farà la sua apparizione, per la prima volta da concorrente, anche il cantante Brunori Sas, pseudonimo di Dario Brunori, in gara con la canzone “L’albero delle noci”, dedicata a sua figlia Fiammetta. Sebbene non totalmente estraneo alla kermesse musicale, che nel 2019 lo vide ospite degli Zen Circus nella serata dedicata alle cover, per il cantautore cosentino sarà di certo un’esperienza sfidante traslare la propria musica da ambienti da lui stesso definiti di nicchia, che sono quelli dell’indie-pop italiano, al palcoscenico più noto e seguito del Paese.
Ma chi è Brunori Sas?
Dall’esordio nel 2009 con il disco Vol. 1, il cantante dal folto paio di baffi e la chitarra fedelmente arpionata tra le mani ha collezionato riconoscimenti e premi di prestigio, tra cui la Targa Tenco nel 2017 per il brano “La verità” e nuovamente nel 2020 per l’album Cip!, e, dato di assai maggior rilievo, il radicato affetto di un pubblico sempre più corposo. Attraverso i suoi cinque album – ai quali se ne aggiungerà un sesto in uscita il prossimo 14 febbraio – prende corpo un percorso musicale di ampio respiro, che, a guisa di funambolo, incede in equilibrio perfetto tra sonorità pop e alternative, sfiorando addirittura il rock, ma mai trascurando le atmosfere e il gusto della canzone d’autore.
Quella di Dario Brunori è senza ombra di dubbio una personalità artistica che è al contempo una e molteplice, capace di alternare e mescolare contenuti intimistici, spesso ammantati di una delicata malinconia, che mai trascende nel lacrimoso, persino nelle narrazioni più toccanti, con temi sociali e altri dal taglio più scanzonato, nei quali si esprime massimamente la sua squisita ironia.
Nella gara canora, in particolare, presenterà un brano sulla genitorialità e su tutto ciò che essa implica, srotolando la riflessione attorno a varie tematiche, tra cui l’idea della netta linea di demarcazione tra il prima e il dopo nell’esistenza di una persona sancita dalla nascita di un figlio, che scombussola ogni precedente scala delle priorità, induce ad abbracciare un nuovo orizzonte di senso – «hai cambiato l’architettura e le proporzioni del mio cuore» – e una nuova visione del mondo.
Cambio di prospettive e timori di inadeguatezza
Sebbene una nascita costituisca una grande gioia, il cantante sottolinea come a ciò si accompagni il timore dell’inadeguatezza di fronte all’inedito ruolo di genitore, il terrore che irretisce l’essere umano quando morde la felicità e ha paura che svanisca subito – «e a tutta questa felicità io non mi posso abituare/ perché conosco il sogno del faraone/ le vacche grasse e le vacche magre». E ancora, il tema del tempo che passa – «sono cresciuti troppo veloci questi riccioli meravigliosi» –, il trovarsi impreparati nel gestire l’amore puro e incondizionato che si prova per un figlio – «che tutto questo amore io non lo posso sostenere» –, l’attaccamento alle proprie origini.
Il radicamento alla propria terra natia
L’albero del titolo poi esiste davvero, nel paesino in cui vivo: mi sono convinto che contenga le canzoni che scrivo, quindi volevo omaggiarlo
Il titolo della canzone rimanda metaforicamente al radicamento dell’artista alle origini e alla propria terra, che non ha abbandonato ed emerge in modo ricorrente nella sua produzione. Tuttavia, esso può essere interpretato come ulteriore simbolo della figura di padre nel caso specifico e di genitore in senso universale: al pari delle radici e del tronco di un albero, il genitore incarna solidità e stabilità per la propria prole. Così come il tronco e le radici non sanno quanto in alto andranno i rami, o quali direzioni prenderanno nella loro crescita, allo stesso modo un genitore osserverà il proprio figlio – appendice di sé distaccata dal corpo – muoversi nel mondo e percorrere la propria strada, fungendo sempre da stabile appoggio e supporto.
Insomma, quello che vedremo a Sanremo sarà un Brunori Sas in purezza, vestito dell’abito che indossa meglio, quello del cantore dell’imperfezione umana, dell’inquietudine, della gioia e delle stagioni della vita. Non resta, dunque, che attendere di ascoltare la musica che accompagnerà un testo poetico e potente.
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