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Damnatio memoriae, quando l’oblio era la sentenza peggiore che si potesse ricevere

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Damnatio Memoriae

La damnatio memoriae, quel sofisticato “cancella e scomponi” tipico dell’antica Roma, non risparmiava nessuno, neppure le mogli degli imperatori. In una realtà in cui la linea tra l’amore, il potere e l’inganno era tanto sottile quanto affilata, infatti, molte consorti imperiali potevano andare incontro non soltanto al divorzio o all’esilio, ma perfino all’oblio decretato, un destino che faceva di ogni traccia della loro esistenza una sorta di tabù. Insomma, uno strumento che non veniva impiegato solo in ambito politico, ma anche (e il più delle volte soprattutto) nella sfera domestica, all’interno della quale assumeva le sembianze di un’arma sottile e spietata da utilizzare contro chi falliva in amore o, peggio ancora, in lealtà.

D’altronde, a quel tempo il ricordo e l’oblio come atti di potere esercitavano un peso particolare. Cicerone, in effetti, diceva:

Si oblitus fuero tui, oblivioni dabo et te et patriam tuam
(Se mi dimentico di te, allora dimenticherò anche te e la tua patria)

Ma cosa portava a tanto rigore? Non bastava una crisi matrimoniale, il disprezzo dell’opinione pubblica o una semplice infedeltà, perché la damnatio memoriae colpiva chi si trasformava da “moglie del Cesare” a motivo di vergogna o di minaccia. Di esempi famosi se ne potrebbero fare a iosa e ciascuno di essi racconta un dramma di corte in cui le accuse si intrecciano alle ambizioni e ai sospetti.

Da Messalina a Giulia, i più celebri esempi di “damnatio memoriae”

Uno dei più emblematici è quello di Valeria Messalina, terza moglie dell’imperatore Claudio. La sua storia sembra essere tratta da un romanzo scandalistico, eppure si tratta di cose che si sono verificate realmente. Nota per le presunte avventure amorose e per una brama di potere che, a quanto pare, le aveva fatto dimenticare ogni freno, Messalina si spinse al limite dell’impensabile. Arrivò perfino a celebrare un matrimonio “simbolico” con un altro uomo, Gaio Silio, mentre Claudio era ancora in vita. Non è chiaro quanto fosse consapevole dell’inevitabile disastro, ma la mossa non rimase impunita. Il legittimo marito, difatti, ordinò la sua esecuzione e decretò che il suo nome fosse cancellato per sempre.

Evidente, dunque, che Messalina subì una damnatio memoriae esemplare. Le sue statue furono abbattute o deturpate, il suo nome rimosso dalle iscrizioni e l’ordine di cancellare ogni riferimento alla sua esistenza divenne legge. Sfortunatamente, però, la sua fama era talmente potente che la sua risultò essere una memoria impossibile da cancellare. Anzi, dall’accaduto lei ne uscì addirittura rafforzata. Roma sussurrava ancora di lei e di ogni suo presunto vizio, tanto che il suo nome divenne sinonimo di dissolutezza nei secoli successivi. Ironia della sorte, la damnatio memoriae, per lei, fu un fallimento assoluto.

Giulia, figlia di Augusto: l’isola e la censura

Un’altra vittima celebre della damnatio memoriae fu Giulia, figlia di Augusto, primo imperatore di Roma. Conosciuta per la sua intelligenza e arguzia, per lo spirito vivace e un temperamento difficile da gestire, era considerata dal padre come uno spirito eccessivamente ribelle. Dopo vari matrimoni, si fece conoscere dai più per i suoi amori extraconiugali e per l’intreccio di relazioni scandalose che coinvolgevano diversi membri della nobiltà romana. Per Augusto, che si era impegnato a promuovere il “mos maiorum” (la severa moralità dei costumi), l’incontrollabile libertà della figlia era un imbarazzo pubblico e una minaccia alla propria immagine politica.

Perciò, la punizione fu inevitabilmente severa. Augusto la relegò su un’isola, alienandola dal mondo e bandendone il nome dagli annali ufficiali. Ciò nonostante, per quanto fosse un tentativo di cancellare la sua figura dalla Storia, Giulia restò viva nei pettegolezzi e nella memoria popolare, divenendo il simbolo di una Roma in conflitto tra moralità rigida e passioni incontrollabili.

Agrippina Minore: la madre scomoda

Infine, tra coloro le quali hanno subito una damnatio memoriae c’è Agrippina Minore, madre dell’imperatore Nerone. Sorella di Caligola e nipote di Claudio, aveva intrecciato ambizioni personali con il destino di Roma in maniera pericolosa. Dopo aver contribuito alla salita al trono del figlio, finì vittima di quello stesso potere che aveva cercato di controllare: Nerone, divenuto adulto e insofferente al controllo materno, la fece assassinare.

Curiosamente, però, Agrippina non subì la damnatio memoriae totale, probabilmente per rispetto dell’opinione pubblica che ancora la vedeva come una figura forte. Molti suoi meriti furono ridimensionati nei racconti ufficiali e ogni tentativo di presentarla come “madre dell’imperatore” fu omesso. Roma non osò cancellarla completamente, ma preferì di gran lunga limitarne il ruolo nelle memorie pubbliche, quasi a voler disinnescare la portata della sua ambizione.

L’ironia della Damnatio Memoriae: un obiettivo fallito?

Fra tutti i casi presentati, ciò che colpisce più di tutto, in questo sfondo di scandali e ripicche, è quanto la damnatio memoriae sembri ironicamente controproducente. Molti dei nomi cancellati o banditi, al pari di quelli citati, sono oggi fra i più noti dell’antica Roma e le loro vicende sono diventate addirittura leggende. È come se l’azione brutale di cancellare una persona dalla storia abbia finito per cristallizzarla ancora di più nella memoria collettiva. In fondo, il tentativo di dimenticare è anche un modo di sottolineare, e forse la damnatio memoriae, per quanto efficace nell’immediato, non ha mai davvero vinto contro il fascino dei racconti proibiti.

Non a caso, al giorno d’oggi ricordiamo queste figure con curiosità e, spesso, con simpatia. È difficile non sorridere davanti all’idea che statue e iscrizioni venissero modificate per eliminare il volto e il nome di queste “minacce” femminili, lasciando intatta l’impressione di una società tanto avanzata quanto incline ai suoi drammi di famiglia. In definitiva, la damnatio memoriae non ha sepolto le mogli degli imperatori ma le ha immortalate, trasformando l’oblio nella più inaspettata forma di fama eterna!

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