Giornata dell’Unità Nazionale, della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera: imparare dal passato o rinnovare l’impegno per il futuro?

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Giornata dell'Unità Nazionale

Il 17 marzo di ogni anno ricorre la Giornata dell’Unità Nazionale, della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera, che rappresenta un importante capitolo di svolta nella Storia moderna del nostro Paese e che puntualmente ci fornisce ottimi spunti di riflessione in merito al valore dell’identità, della coesione, della libertà e del senso di appartenenza. Nel 1861, in questo stesso giorno a Torino, infatti, veniva proclamato il Regno d’Italia. E così, si dava inizio ad un processo di unificazione di territori e culture diverse in un solo Stato che avrebbe cambiato per sempre il corso degli eventi:

Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d’Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861 – Testo della legge n. 4671 del 17 marzo 1861 del Regno di Sardegna

Tuttavia, benché al giorno d’oggi l’unità nazionale possa sembrare un dato acquisito, è fondamentale non darla mai per scontata. I corsi e ricorsi storici, soprattutto quelli a cui stiamo assistendo di recente, ci insegnano che l’unità richiede un impegno continuo, specie in un contesto globale e globalizzato in continua evoluzione. Perciò, cosa significa celebrare ora questa giornata? Rendere omaggio al nostro passato? Ad imparare da esso? Oppure a rinnovare quell’impegno che chi prima di noi si è assunto per garantire a noi un presente?

A tal proposito, non staremo qui ad impartire una lezione di geostoria, pur mantenendo alcune nozioni che è doveroso ricordare. Anzi, cercheremo di esplorare insieme i concetti fondativi di quella medesima geostoria da un punto di vista socio-culturale e magari attuale, nella speranza di poter restituire una visione d’insieme, universale e soggettiva di certo, ma pur sempre realistica.

Cosa ci rammenta la “Giornata dell’Unità Nazionale, della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera”?

Unità

Cosa vuol dire davvero “unità”? Quando sento questa parola, spesso mi vengono in mente i regoli. Sì, quei pezzettini di plastica colorati che mettevamo l’uno sull’altro per creare. Per dar vita a costruzioni, ad abitazioni, a storie, e perché no, persino ad intere nazioni. Ma sappiamo ancora essere uniti? Rimanere uniti con noi stessi e con gli altri? Il mondo circostante sembrerebbe avere una risposta negativa ad una domanda del genere.

Credit: web

E chissà, forse è proprio per questo che ogniqualvolta mi soffermo sul significato intrinseco di tale termine, penso a Paolo Sorrentino, regista de “E’ stata la mano di Dio” e autore di una istantanea sulla sua adolescenza, quando perse i genitori in modo improvviso per via di una fuga di gas avvenuta a Roccaraso. Il protagonista “Fabietto”, un ragazzo pieno di sogni e tanto, ma tanto dolore, che si salvò grazie al fatto che andò a vedere una partita del Napoli di Diego Armando Maradona, dialoga con un certo Antonio Capuano, navigato regista che condivide la saggezza acquisita nel corso della sua lunga esperienza di vita con il giovane.

Il dialogo:

FABIO: “Capuano, sono Fabietto Schisa”.
CAPUANO: “E a me che me ne fott, chi te sap”.
FABIO: “Sono un suo grande ammiratore”.
CAPUANO:  “A me gli ammiratori me stanno ‘ncopp’ ‘o cazz. A me piace il conflitto, hai capito guaglio’. Senza conflitto non si progredisce. Senza conflitto è solo sesso, e il sesso non serve a niente”.
[…]

CAPUANO: “Ma te ne vuoi ji’ si o no, ma da me che bbuo’?“.
FABIO: “Cosa voglio? Tutto! Tutto, quello che ha detto a teatro, io sono sconvolto, non pensavo che si potesse fare a teatro, che uno si alza e si mette a protestare“.
CAPUANO: “E infatti non si fa, sono io che faccio ‘o cazz che me pare, io so’ libero. Tu si libero?“.
[…]

FABIO: “Senta, Capuano, la vita ora che la mia famiglia si è disintegrata, non mi piace più. Non mi piace più ne voglio un’altra, immaginaria, uguale a quella che tenevo prima. La realtà non mi piace più, la realtà è scadente. Ecco perché voglio fare il cinema, anche se avrò visto al massimo 3 o 4 film”.
CAPUANO: “Nu’ bast, Schisa, nu’ bast’. O’ cinema, vonno fa tutti quant’ stu cazz ‘e cinema, ma pe’ fa’ cinema ce’ vonn ‘e ppall. E tu ‘e ppall e ttien’ uagliò?”.
FABIO: “Ho fortissimi dubbi”.
CAPUANO: “E allora si nu ttien ’e ppall, te serve o’ dolore. O tiene u’ dolore?”.
[…]

FABIO: “Mi hanno lasciato solo, Capuano, e questo si chiama dolore”.
CAPUANO: “Nun basta Schisa! C’hann lassato soli a tutti quanti. Tu sei solo? Non me passa manco po’ cazz’, perché tu non sei originale. Sient’ a mme: dimentica il dolore e pensa solo a te diverti’, accussì hai fatto il cinema. Però e tene’ coccos ’a dicere. A tien’ a coccos a dicere o no? Perché vedi, la fantasia, la creatività, so falsi miti che nu servon a nu cazz'”.
[…]

CAPUANO: “[…] A tiene na cos’ a raccuntà? Forza, curaggio. A tiene o no n’a cos’a raccunta? Tien’e’ o coraggio roo ddicere. E te vo movere o no?”.
FABIO: “Si si”.
CAPUANO: “E dimmell’”.
FABIO: “Quando sono morti non me li hanno fatti vedere!”.
CAPUANO: “Non ti disunire Fabio”.
[…]

FABIO: “Che significa, perché?”.
CAPUANO: “Perché non ti hanno lasciato solo, no, t’hann ’abbandunat…

“Non ti disunire”

Insomma, “non ti disunire” significa “non perdere te stesso, rimani radicato in questa città, il luogo, in cui riconosci l’ultima parte dell’essenza rimasta, in cui restano i tuoi ricordi, la tua storia. Non tradirti. Almeno tu.

Costituzione

Bisogna sottolineare, in questa “Giornata dell’Unità Nazionale”, che la Costituzione è la legge fondamentale di uno Stato. Essa contiene le norme e i principi generali relativi all’organizzazione e al funzionamento dello Stato (inteso come gruppo sociale organizzato), in un determinato momento storico, nonché le norme riguardanti i diritti e i doveri fondamentali dei cittadini. L’Articolo 3 della nostra, ad esempio, recita quanto segue:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Ma ciò accade sempre? Ad esempio, qualche giorno fa a scuola, insieme ai miei ragazzi, ho affrontato discorsi di cristallo, trasparenti, fragili, taglienti. Quanto fa male la parola. L’intenzione di ferire qualcuno. Essere consapevoli di stare facendo del male a una persona. Mentre decidiamo di comportarci in un determinato modo, perché ricordiamoci che siamo sempre noi che scegliamo di agire in una maniera anziché in un’altra, rimaniamo anche consapevoli del cambiamento che apporteremo nell’altro e in noi stessi.

Giornata dell'Unità Nazionale
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Andrea è uno dei capitoli della mia vita, il più bello, quello la cui fine non vorrei mai leggere, ma è finito. Teresa Manes                        

Andrea Spezzacatena si è impiccato il 20 novembre del 2012 nella sua casa di Roma. Aveva quindici anni. “Il ragazzo dai pantaloni rosa”, così lo chiamavano i suoi coetanei, i compagni di scuola, che avevano dato questo nome anche ad una pagina Facebook nata per prendersi gioco di lui. Era un adolescente sensibile e gentile, la colpa – se così possiamo definirla – di tutto questo odio e degli insulti che lo hanno fatto precipitare in una stanza di silenzi e di solitudini, era di un jeans macchiato di rosa in lavatrice, che lui indossava lo stesso. Dov’era quella pari dignità sociale che avremmo dovuto tutelare e garantirgli?

Inno

Parlando di “inni”, al di là delle varie manifestazioni canore di stampo patriottico (per chi non lo sapesse, in quel 17 marzo del 1861, venne scelta come Inno d’Italia “La Marcia Reale” mentre il ben più giacobino “Inno di Mameli” arrivò solamente dopo la Seconda Guerra Mondiale), quello che più di tutti mi pare appropriato rammentare in una giornata come questa è “Una luce per tutti“, un elogio alla vita che ben si lega al discorso di insediamento di Nelson Mandela, pronunciato a Pretoria il 10 maggio 1994 per l’insediamento, dopo 27 anni di prigionia, che costituisce uno dei miei testi-mantra:

Credit: web

La nostra paura più profonda non è quella di essere inadeguati. La nostra paura più profonda è quella di avere un enorme potere. E’ la nostra luce, non la nostra oscurità, che ci spaventa di più. Ci chiediamo: “chi sono io, per credermi brillante, stupendo, pieno di talenti, favoloso?” In realtà, chi sei tu per NON esserlo? Sei un figlio di Dio. Il tuo stare nel piccolo non aiuta il mondo. Non c’è niente di illuminato nel raggrinzirti, così che le altre persone non si sentano insicure vicino a te. Sei fatto per risplendere, come i bambini. Siamo nati per rendere manifesta la gloria di Dio che è in noi. Non è solo in alcuni di noi: è in ognuno. E quando lasciamo splendere la nostra luce, inconsciamente diamo il permesso agli altri di fare lo stesso. E quando ci liberiamo dalla nostra paura, la nostra presenza automaticamente libera gli altri.

Bandiera

Il tricolore e ciò che simboleggia lo conoscono tutti, o quasi, ma in pochi saranno a conoscenza della “Bandiera” di Giulia Mei, ex concorrente di XFactor 2024. Cercavo un video sul tema e per caso mi sono imbattuto nella sua canzone ho trovato questa canzone, il cui testo parla da sé:

Giornata dell'Unità Nazionale
Credit: web

Libera, voglio essere libera
Di non portare o portare un velo
Truccarmi tantissimo
Non depilarmi per mesi, per anni
Libera, voglio essere libera
Di uscire la sera, tornare da sola
Senza la paura persino del tipo
Della spazzatura
Di fare un figlio anche a quarant’anni
Di divorziare e poi risposarmi
Amare un uomo con dieci anni in meno
Che mi vuole bene, bene davvero
Fare l’amore, girare un porno
Cambiare letto pure ogni giorno
E di morire come mi pare
Non massacrata da un criminale
Non dalle pietre di un titolista
Né dalle carte di un penalista
Dai timorati figli di Dio
Che sputano merda e premono invio
Sputano merda e premono invio
Oh-oh, oh-oh, oh-oh-oh-oh
Oh-oh, oh-oh, oh-oh-oh-oh
Della mia fica farò moneta
O simulacro di nuova vita
Delle mie mani farò cantieri
O fragilissimi tulipani
Della mia vita farò una bandiera
Che brillerà nella notte scura […] – Giulia Mei

«Una sera tornavo a casa e ho avuto paura, – ha raccontato in merito l’artista – sentivo che qualcuno mi stava seguendo. “Bandiera” è qui perché, e di questo mi vergogno un bel po’, a volte la mia femminilità l’ho vissuta come un macigno, come uno stigma. L’ho scritta perché credevo di essere libera e non lo sono. Perché so benissimo che questa libertà post-moderna in plexiglass non mi protegge, non mi ha protetta mai, e fin quando non mi sentirò al sicuro da tutti i tipi di violenza, io non sarò libera. “Bandiera” l’ho scritta per me, ma sai bene che l’ho scritta anche per te, per lei, per loro».

Dunque, che cosa ci insegna la ricorrenza che ci accingiamo a celebrare? Qual è la parola chiave di questo patchwork di suggestioni? Paura. Perché una festa è tale solo quando il sorriso abita ognuno!

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Trentenne lucano adottato da Roma. Diplomato in Conservatorio (“Santa Cecilia”) in Pianoforte, specializzato in Didattica della Musica e Visual Arts (“Accademia di Belle Arti di Roma”), oggi si dedica alla Artistic Research (“Orpheus Institute”). Docente Universitario (“Link Campus University”) e di Scuola Secondaria, di tanto in tanto, presta la sua immagine al mondo della Moda o dello Spettacolo (“Casasanremo24”). È il “Mister + Bello d’Italia 2024”

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