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Il giardino indiano (1985), l’ultima apparizione cinematografica di Deborah Kerr in un dramma tutto al femminile

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Il giardino indiano

Il giardino indiano. La signora Helen (Deborah Kerr) è rimasta da poco vedova del colonnello Arthur (Iain Cuthbertson) e vive sola in una grande casa immersa nel verde inglese. Senza figli, l’anziana Helen si ritrova a dover prendersi cura del lasciato del marito: un variopinto giardino da tè in stile indiano con alte piante di banana (che però non fruttificano a causa del clima insalubre tipico inglese) e la presenza di intrusi che utilizzano entrate di fortuna per poter attraversare indisturbati il giardino per raggiungere la strada circostante.

Dopo aver ricevuto una lettera importante indirizzata al marito nella quale scopre che il suo giardino ‘indiano’ potrebbe essere selezionato per essere inserito in un libro sui più deliziosi e ben tenuti giardini d’Inghilterra, Helen entra in crisi e prova, a fatica, a continuare il lavoro di Arthur. Non senza problemi, però, perché a causa della siccità, le viene impedito dalle autorità locali di sprecare grandi quantità di acqua per scopi non strettamente primari.

Locandina ufficiale del film/Credit: Filippo Kulberg Taub

L’incontro con la signora Ruxmani Lal (Madhur Jaffrey), indiana e un po’ pedante, cambierà il modo di pensare della ormai irrigidita Helen e il giardino indiano diventerà il pretesto per uno scontro/incontro culturale dalle ampie sfaccettature e dai risvolti personali interessanti.

Qualità mai viste prima ne “Il giardino indiano”

Ultimo film per il cinema per la grande Deborah Kerr (Oscar alla carriera, 1994), che non smette mai di stupire i suoi ammiratori oltreoceano. Visibilmente provata dai segni del tempo, la Kerr mostra nella pellicola della McMurray un lato di sé forse mai visto prima.

La sua freddezza e solitudine vengono messi in risalto per una buona parte del film e anche l’incontro con un’altra cultura e religione (rappresentato dalla presenza costante dell’indiana Madhr Jaffrey) divengono il pretesto per affrontare tematiche sociali più sottili e importanti come l’amicizia tra donne diverse ma che in fondo tanto diverse e distanti non sono.

Una pietra miliare dei film indipendenti: un dramma tutto al femminile

Sulla scia del più noto Passaggio in India (David Lean, 1984), Il giardino indiano della McMurray è una pietra preziosa incastonata all’interno dei film indipendenti che ebbero poca risonanza all’epoca e che oggi hanno la necessità di essere riscoperti.

Uscito solo in versione VHS e mai ristampato su DVD, il film con la Kerr è un capolavoro della filmografia inglese indipendente della metà degli anni Ottanta. Un dramma al femminile nel quale, oltre al giardino e alle mura di casa, lo spettatore ha a disposizione una sorta di finestra sul mondo circostante che, per forza di cose, deve andare avanti.

Madhur Jaffrey in un frame della pellicola/Credit: Filippo Kulberg Taub

Il personaggio rigido e poco empatico della Kerr (a tratti anche troppo brusco, se non addirittura razzista) sbiadisce, o cade nell’ombra, di fianco alla forza vitale della signora Lal che non smette mai di sognare la sua India dai mille colori e profumi che vive in una modesta casa insieme al marito (Zia Mohyeddin) nella colonia indiana con i suoi figli anche se costretti ad affrontare, spesso, i pregiudizi della gente.

Accoglienza

Mary McMurray è una regista inglese nota soprattutto per essersi cimentata in diverse serie televisive degli anni Ottanta/Novanta. Sebbene non sia ricordata al grande pubblico, la sua bravura e delicatezza registica la si può apprezzare in questo film peculiare che non ha nulla da invidiare ad altri film più conosciuti di quel periodo.

Deborah Kerr otterrà una candidatura ai David di Donatello nel 1987 come migliore attrice straniera, perdendolo in favore dell’attrice argentina Norma Aleandro per il film La storia ufficiale (Luis Puenzo, Premio Oscar come miglior film straniero nel 1985). Probabilmente se Il giardino indiano avesse avuto più visibilità e avesse ottenuto prestigiosi premi nazionali e internazionali non sarebbe finito nel dimenticatoio dei film perduti.

È un vero peccato soprattutto per la grande, ultima interpretazione della Kerr. Chiudete gli occhi e provate anche a voi a perdervi in quel giardino. Forse per un attimo riuscirete a tornare indietro nel tempo.

Buona visione!

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Studioso e appassionato di cinema internazionale. Ha dedicato i suoi studi alle grandi figure femminili del cinema del passato specializzandosi alla Sapienza di Roma nel 2007 e nel 2010 su Bette Davis e Joan Crawford. Nel 2016 ha completato un dottorato di ricerca in Beni culturali e territorio presso l’Università di Roma, Tor Vergata con una tesi sull’attrice israeliana Gila Almagor. Ha scritto diversi saggi e articoli di cinema e pubblicato l’autobiografia inedita in Italia di Bette Davis, Lo schermo della solitudine (Lithos). Oggi insegna Lettere alle nuove generazioni cercando sempre di infondere loro fiducia e soprattutto amore per la storia del cinema.

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