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Le orme (1975), una Florinda Bolkan come non l’avete mai vista

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Le orme

Le orme: Roma, inizi anni Settanta. La giovane Alice Campos (Florinda Bolkan) lavora all’Eur come interprete di francese per grandi convegni politici. Una mattina si sveglia nel suo appartamento convinta che sia ancora martedì. Arrivata al lavoro, viene rimproverata dai suoi capi dicendo che abbia abbandonato la propria postazione, in modo improvviso e agitato, ed è scomparsa per ben due giorni.

Alice non sa cosa sia accaduto in quei fatidici giorni e, tornata a casa, trova per caso un vestito giallo macchiato di sangue e una cartolina fatta a pezzi che reca la scritta Garma, un’antica città della Turchia. Si accorge anche di aver perso uno dei suoi orecchini di perle. Quella notte non riesce a riposare bene a causa di un sogno ricorrente di un astronauta abbandonato sulla Luna a causa di un folle esperimento del dott. Blackmann (Klaus Kinski). Decisa ad andare in fondo alla faccenda, prende il primo volo e torna a Garma.

Il mistero s’infittisce quando tutti in città iniziano a chiamarla Nicole e affermano di averla già vista lì pochi giorni prima.

Poster ufficiale/Credit: web

“Le orme” è un unicum di Luigi Bazzoni andato dimenticato

Il regista Luigi Bazzoni, poco ricordato ai più, decide di analizzare la psiche umana affidando il compito alla sua attrice protagonista, la spigolosa e glaciale Florinda Bolkan (qui all’apice della sua carriera).

La Bolkan sembra una menade impazzita che non ha paura di mostrare i lati più oscuri dell’essere umano. Fragilità e pazzia si mescolano in questo capolavoro di Bazzoni che deve essere recuperato dall’oblio della memoria.

La memoria, per l’appunto, il ricordo, la paura e l’orrore sono gli elementi di questo psico-thriller, unico nel suo genere. In un viaggio nella mente, Alice dovrà affrontare i propri demoni, andare oltre lo specchio come “Alice nel paese delle meraviglie” e rivivere i ricordi che più la terrorizzano.

Uscito nelle sale cinematografiche nel 1975 e poi dimenticato, “Le orme” è davvero un unicum. Con le musiche spettrali e inquietanti del futuro premio Oscar, il Maestro Nicola Piovani, il film di Bazzoni si regge per la sua bravura nel dirigere gli attori.

Le attrici del film, Lila Kedrova e Caterina Boratto sono bravissime e sembrano delle cartoline d’epoca. La piccola Nicoletta Elmi nel ruolo di Paola Bersel è una sorta di specchio nel quale il personaggio di Alice si riflette.

Passato e presente, realtà e finzione: tutto si mescola

Io non sono Nicole

Queste parole riecheggiano spesso per tutta la pellicola mentre il passato, il presente e la finzione si perdono e si confondono costantemente mettendo in difficoltà lo spettatore che si inganna piacevolmente nel cercare di scoprire il mistero della protagonista. E che dire di Garma? Città immaginaria (peccato) immersa nell’antica Turchia è in realtà la città Faselide nel distretto di Kemer (Adalia). Le rovine della città diventano esse stesse parte integrante delle follie e della spasmodica ricerca della verità della Bolkan.

Fotografato splendidamente dal tre volte premio Oscar Vittorio Storaro, il film di Bazzoni è un intricato labirinto nel quale lo spettatore si perde. Le scene inquietanti dell’allunaggio e del malcapitato astronauta che viene lasciato lì a morire, fanno da sfondo ricorrente, da leitmotiv dei sogni e soprattutto degli incubi della protagonista.

Tratto dal romanzo “Las Huellas” di Mario Fenelli (qui in veste di sceneggiatore insieme allo stesso regista), il capolavoro di Bazzoni rappresenta anche il suo testamento dato che non farà altri film fino alla sua morte avvenuta nel 2012. Le scene sulla spiaggia dove le ‘orme’ della protagonista si uniscono a quelle dell’astronauta sulla Luna e soprattutto, gli scontri verbali e fisici con la Elmi sono qualcosa di sublime che farà emozionare lo spettatore con un finale a sorpresa mozzafiato.

Buona visione e seguite le orme!

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Studioso e appassionato di cinema internazionale. Ha dedicato i suoi studi alle grandi figure femminili del cinema del passato specializzandosi alla Sapienza di Roma nel 2007 e nel 2010 su Bette Davis e Joan Crawford. Nel 2016 ha completato un dottorato di ricerca in Beni culturali e territorio presso l’Università di Roma, Tor Vergata con una tesi sull’attrice israeliana Gila Almagor. Ha scritto diversi saggi e articoli di cinema e pubblicato l’autobiografia inedita in Italia di Bette Davis, Lo schermo della solitudine (Lithos). Oggi insegna Lettere alle nuove generazioni cercando sempre di infondere loro fiducia e soprattutto amore per la storia del cinema.

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