Rajae Bezzaz, la forza della reciprocità: “Il dialogo è l’unica arma efficace per abbattere qualunque muro”

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L’integrazione è un processo lungo e complesso, ma è fondamentale per costruire una società più giusta e inclusiva.

Sono queste le parole che potrebbero descrivere al meglio Rajae Bezzaz, parole che lei stessa ha pronunciato.

Nata in Libia da madre marocchina e padre Amazigh, dopo aver vissuto per un periodo di tempo in Marocco si è trasferita in Italia dove, studiando sodo, è riuscita a realizzarsi, professionalmente ed umanamente, e ad ergersi a ponte di collegamento tra culture apparentemente agli antipodi. Nel corso degli anni, infatti, si è ritagliata uno spazio di tutto rispetto nel panorama dello show business nostrano. Questo le ha permesso di poter sfruttare la propria voce e la propria “influenza” a favore di quelle cause sociali forse più scomode e attuali.

L’integrazione, l’acquisizione e la tutela dei diritti sono sempre stati importanti per lei. Il suo impegno e il suo attivismo, infatti, le hanno consentito di distinguersi in una realtà troppo spesso livellata. Ma non solo. Ci sono anche l’altruismo, la curiosità di scoprire nuove realtà e la voglia di comunicare che, in ogni circostanza, giocano un ruolo essenziale non solo all’interno dei suoi servizi televisivi in qualità di inviata per Striscia La Notizia, del libro L’araba felice: la vita svelata di una musulmana poco ortodossa (Cairo Editore, 2021) o nel suo programma radiofonico su R101 Fantastico Weekend, ma anche (e soprattutto) nella vita quotidiana. Tutto ciò, difatti, le ha fornito gli strumenti necessari per portare alla luce situazioni di ingiustizia o discriminazione di cui nessuno era a conoscenza. E in più, le ha consentito di guadagnarsi la stima e il rispetto del pubblico, dal quale, spesso e volentieri, viene vista come un esempio al quale ispirarsi.

Per questo motivo, abbiamo deciso di raggiungerla telefonicamente e di intervistarla per voi. Buona lettura!

Rajae Bezzaz – L’intervista

Buongiorno Rajae e benvenuta tra le pagine de L’Opinione. Negli corso degli anni sono stati molti i “ruoli” che hai ricoperto: da inviata per Striscia La Notizia a scrittrice, passando per l’attivismo e la conduzione radiofonica. Quale di questi ti ha permesso (e ti permette tutt’ora) di esprimere al meglio te stessa e perseguire i tuoi ideali?

C’è un fil rouge che collega tutte le attività alle quali mi dedico poiché cerco sempre di trattare argomenti [o interfacciarmi con] situazioni che ho a cuore. Ognuno ha il suo linguaggio comunicativo, è vero, ma ci si può tranquillamente adattare. In fin dei conti, mi pronuncio comunque su tematiche che, a chi più e a chi meno, ci toccano tutti. Personalmente, non sono mai stata una donna rigida e non c’è una forma espressiva che prediligo rispetto ad un’altra. Anzi, ne utilizzo diverse. Chissà, forse è dovuto al fatto di essere ‘figlia di più culture’. In ogni caso, spero di riuscire bene in quel che faccio e che il pubblico sappia apprezzarlo, soprattutto perché si tratta di un lavoro che in primis svolgo su me stessa. Mi permette di crescere, di conoscere e di comprendere, e soprattutto di farlo in compagnia di persone che seguono e interagiscono con quello che faccio. Non a caso, ogni strumento ha il suo pubblico, che sia radiofonico, social o televisivo, e spesso ognuno di essi si incontra, dando vita ad un canale di comunicazione tra mezzi che possono sembrare diversi, ma che in realtà hanno molto in comune. Unire, creare un contatto tra differenti contesti culturali e religiosi, e in questo caso anche comunicativi, è nella mia natura e mi impegno a farlo utilizzando tutti gli strumenti che mi vengono messi a disposizione.

In ogni servizio o progetto nel quale sei coinvolta è evidente il grande lavoro in difesa dei diritti di tutti, il che rimarca particolarmente l’importanza che ciascuno deve dare all’impegno verso gli altri. Da cosa scaturisce questo tuo spirito?

Molto probabilmente è una cosa che ho ereditato dalla mia cultura e dalla mia famiglia. Provengo da un Paese che, contrariamente a quanto si pensa, è davvero ospitale e solidale. Nessuno viene mai lasciato indietro e un aiuto, piccolo o grande che possa essere, viene dato a prescindere da qualsiasi circostanza. Perciò, venendo da una terra molto generosa e dai tratti umani spiccati, mi è stata innestata una certa propensione propositiva e positiva verso le persone. Ciò mi ha reso un’amante del genere umano e, di conseguenza, di tutto quello che ne deriva, incluso contribuire nel mio piccolo a fare qualcosa di buono. Per carità, nessuno qui vuole avere la pretesa di cambiare il mondo, ma se si ha la possibilità di provarci, dobbiamo farlo, sempre e comunque.

Come giustamente ci hai ricordato, sei “figlia di più culture che si incontrano“. A tal proposito, tempo fa hai dichiarato di esserti sentita più libera in Marocco…

Ebbene sì. Tante volte, purtroppo, si è portati a pensare che i Paesi lontani da noi siano retrogradi e in un certo senso ‘inferiori’. Ci sono elementi che riteniamo ‘obsoleti’, appartenenti ad un’altra epoca, come ad esempio l’umanità e l’essere vicino al prossimo. Ma, per fortuna, le cose non stanno così. Ciascun Paese, e il Marocco non fa eccezione, dovrebbe essere visto con gli occhi dell’umiltà essendo un luogo in cui c’è una cultura che può sempre insegnarci qualcosa. Pertanto, anziché ergerci a professori assoluti ed esperti di vita, dovremmo portare ognuno i nostri modelli. E perché no, magari mischiarli con quelli di qualcun altro. Dopotutto, come insegnano i bravi bar tender, nonostante io non beva essendo musulmana, miscelando gli ingredienti tra loro possono venirne fuori dei drink particolarmente interessanti e in grado di stupirci. Si tende a mescolarsi più facilmente con quelle culture, religioni o filosofie che non vengono demonizzate e, mio malgrado, non è questo il caso della cultura araba e della religione islamica. Quest’ultime, infatti, vengono continuamente viste con un po’ di diffidenza, specialmente per via dalla narrazione che è stata portata avanti negli ultimi anni. Dal canto mio, credo che le persone debbano trovare un loro modo di sperimentare, senza dover prendere per ‘buono a priori’ ciò che viene riportato dai media o nei racconti altrui. Forse bisognerebbe mettersi più in gioco, scendere in campo, provare a farsi una propria idea. Ciò comporta sicuramente alcune fatiche. Prima fra tutte lo smantellamento di alcune credenze che si davano per assodate. Chissà, magari il rischio vale davvero la pena.

Parlando di apertura verso l’esterno, secondo te qual è la predisposizione dell’Italia e degli italiani in tema di inclusione, di garanzie e tutele dei diritti?

Beh, gli italiani non sono mai stati un popolo chiuso e la Storia ce lo racconta. Ultimamente, però, credo ci sia un po’ più di paura, probabilmente dettata dalla crisi economica in atto. Ci siamo abituati a vedere nell’altro qualcuno che potrebbe privarci della nostra felicità, del lavoro o di quello che abbiamo conquistato con anni di sacrifici. In realtà, se si guarda la situazione da un altro punto di vista, con statistiche e numeri alla mano, si può facilmente comprendere che la globalizzazione in atto e lo scambio tra culture apportano svariati benefici. Oggi io mi considero anche italiana. Se fossi rimasta chiusa nel mio ghetto spirituale e culturale, non avrei mai potuto assaporare ciò che l’incontro con l’Italia mi ha saputo regalare. Non rinnego le mie origini, anzi, cerco di prendere il meglio dalla mia gente e inglobarlo con il mio retaggio italiano. Ed è proprio sulla base di questo che, perfino all’interno dei miei servizi, cerco di invitare all’apertura reciproca.

Quando due ideologie e visioni del mondo si scontrano, però, è lì che iniziano i “problemi”…

Solitamente, in effetti, nell’istante in cui due ideologie differenti si scontrano, si tende ad annullare l’altro, a fare in modo che abiuri la propria fede o le proprie idee abbracciando incondizionatamente il paradigma sociale del Paese in cui arriva. Per me non c’è nulla di più sbagliato, perché ritengo sia un atteggiamento che non ci da la possibilità di cogliere ciò che di positivo potrebbe scaturire dall’incontro fra culture. Da qui, dunque, nasce la necessità di una reciprocità. Di un’apertura da entrambe i lati. Di un confronto sano che sia pure tra parti diametralmente opposte e che non scada nella becera baruffa. Cerco costantemente lo spunto per un dialogo e l’occasione per dare all’altro una nuova prospettiva, tentando di mostrargli la realtà sotto punti di vista inediti. Generalmente, il risultato è positivo, perfino con i più agguerriti e i più scettici!

E non a caso, sei molto amata dal pubblico proprio per la gentilezza, la semplicità e l’onestà con cui porti avanti le tue battaglie. Spesso, però, sei stata contestata, in alcuni casi pesantemente. Si è mai verificato un episodio che ti ha scoraggiata a tal punto da farti sentire il bisogno di dire “BASTA”?

No, direi di no. Sicuramente ho avuto i miei momenti di crisi e di difficoltà, nel corso dei quali ho realizzato quanta cattiveria e odio ci possano essere nel mondo. Tuttavia, crescendo e lavorando molto su me stessa, ho fatto in modo che niente, o quasi, potesse più toccarmi fino al punto di farmi mollare o annullarmi. Ho imparato a prendere con le pinze le cose che mi vengono dette e ad andare avanti. A non soffermarmi troppo su quello che non dovrebbe avere il men che minimo effetto su di me.

Prima abbiamo fatto diversi accenni al Marocco, dove il prossimo 30 luglio avrà luogo la “Festa del Trono Marocchino”, in ricordo dell’ascesa al potere di Re Mohammed VI, e dove tu, al momento, sei impegnata nella creazione di una casa-famiglia…

Assolutamente sì, si tratta di un progetto al quale sto lavorando già da tempo. A tal proposito, su invito del Consolato del Marocco a Milano, sarò presente alle celebrazioni per la Festa del Trono qui in Italia. È proprio in previsione dell’evento che ho già sottoposto la mia idea al console Mohammed Lakhal, il quale l’ha appoggiata sin da subito dicendomi: ‘C’è sempre bisogno dei figli del Marocco che, sebbene vivano all’Estero, non dimenticano il proprio Paese fornendogli tutto l’apporto che riescono a dare’. Naturalmente, non posso che essere d’accordo. Per sfortuna, in tanti sostengono di aver lasciato la propria Nazione perché quest’ultima, a detta loro, non aveva nulla da offrire. Io la penso diversamente, il Marocco mi abbia dato moltissimo: una cultura incredibile, dei genitori con valori elevatissimi, una famiglia stupenda e delle radici profonde. Se i miei hanno dovuto abbandonare la loro terra per motivi economici, io non ho alcun motivo per nutrire del risentimento. Al contrario, se posso dare il mio contributo per migliorare le condizioni di vita di donne, orfani, madri single emarginate e svantaggiate, gli indigenti che non riescono a permettersi neanche i beni di prima necessità, perché non dovrei farlo. In più, qualora dovesse capitarmi di riuscire a coinvolgere altre persone, le cose sarebbero addirittura migliori. Perché è vero che il mio Paese ha fatto numerosi passi in avanti e tante associazioni a sostegno delle più deboli sono nate, ma non sono mai abbastanza. C’è sempre bisogno e più siamo, meglio è!!!

C’è un messaggio che vorresti lanciare a quei giovani, sia italiani che marocchini, che ti seguono e ti vedono come un esempio?

Prima di ogni altra cosa direi loro di continuare a crederci. Un’usanza comune delle vecchie generazioni è quella di “vessare” continuamente i giovani, parlando della loro ‘presunta’ non-voglia di fare. E questo non va bene. Sono convinta che i ragazzi siano il nostro futuro e che ognuno sia ‘figlio del proprio tempo’, con tutti gli ostacoli che questo comporta. C’è gente che in passato ha superato sfide ancor più grandi di quelle che ci tormentano adesso. Ciò però non vuol dire che le difficoltà odierne non abbiano il loro peso. Aggiungerei, inoltre, di non lasciarsi coinvolgere dalla negatività deprimente che si riversa su di loro e di non dar adito alle voci che non fanno altro se non vanificare qualsiasi speranza. Di lavorare, di fare ciò che vogliono, di inseguire i loro sogni perché il mondo non è affatto finito. Ci sono ancora tanti traguardi da tagliare. Ho fiducia nei giovani, avranno il mio sostegno sempre, e mi auguro che anche loro credano nel proprio potenziale. C’è un grande bisogno di un cambio di rotta, che sia più positivo e ottimista verso chi è arrivato dopo!

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Classe 1996, studente laureando in “Lingue, Culture, Letterature e Traduzione” presso l’Università di Roma ‘La Sapienza’. Appassionato di scrittura, danza, cinema, libri, attualità, politica, costume, società e molto altro, nel corso degli anni ha collaborato con diversi siti d'informazione e testate giornalistiche (cartacee e digitali), tra cui Metropolitan Magazine, M Social Magazine, Spyit.it, Art&Glamour Magazine ed EVA3000. Ha scritto alcuni articoli per la testata giornalistica cartacea ORA Settimanale. Ha curato progetti in qualità di addetto stampa, ultimo dei quali "L'Amore Dietro Ogni Cosa" (NewMusic Group, 2022). Attualmente, è redattore presso la testata giornalistica Vanity Class e caporedattore per L'Opinione.

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