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Spirale d’odio (1972), un film che esacerba colpevolezza e innocenza dei suoi personaggi

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Spirale d'odio

Spirale d’odio: Inghilterra primi anni Settanta. L’ex studente Paul Reis (Beau Bridges) della scuola maschile Saint Charles ora diventato un giovane adulto, viene assunto come nuovo docente di educazione fisica presso l’Istituto. L’emozione di ritrovarsi nelle aule e soprattutto tra i banchi dove un tempo si era formato è fortissima ma mai quanto rivedere alcuni professori che ancora insegnano nella scuola, un tempo suoi modelli educativi.

La trama

Tra questi vi è il carismatico professore di letteratura e poesia Joseph ‘Joe’ Dobbs (Robert Preston) stimato e rispettato da tutti e il Professor Jerome Malley (James Mason) di latino e greco, prossimo alla pensione ma che non vuole rinunciare all’incarico perché non avrebbe altre prospettive future. Una vita intera dedicata alla formazione degli altri che però non basta a fare breccia nei cuori dei suoi studenti che per qualche oscuro motivo sono restii nei confronti dell’anziano docente e, oltre a scrivere frasi infamanti sulle latrine della scuola e su fogli di carta, iniziano a comportarsi con violenza e cattiveria.

Credit photo: Filippo Kulberg Taub

Lo stesso Preside del collegio maschile, Padre Mozian (Ron Weyand) è a conoscenza dei fatti e anzi cerca di convincere il Professor Malley a cambiare atteggiamento e ad essere più indulgente. Il docente sostiene che a torturare lui e la povera madre inferma sia il collega eppure non ha prove per dimostrarlo. Le cose peggiorano quando una spirale d’odio e di violenza pervade l’intero collegio mettendo in crisi il corpo docente e soprattutto creando dei dubbi in Padre Penny (David Rounds) che si confida più volte con Paul indicando il Maligno come il presunto colpevole.

Dopo l’ennesimo atto di vandalismo (uno studente viene picchiato, ferito, denudato e legato sulla pala d’altare della cappella presente all’interno della scuola), Paul decide di indagare per provare a mettere fine a questo ‘gioco’ di orrori e di violenze che porteranno il giovane insegnante a scoprire una verità ancora più sottile e orribile di quanto potesse immaginare.

Sidney Lumet puntò tutto sull’interpretazione degli attori in “Spirale d’Odio”

Il regista statunitense Sidney Lumet (1924-2011) proviene da un passato cinematografico improntato sul valorizzare la recitazione e soprattutto l’interpretazione dei suoi attori sulla scena. Reduce da film che hanno fatto la storia del cinema, tra i quali La parola ai giurati (12 Angry Men) del 1957 o Pelle di serpente (The Fugitive Kind) del 1960 o L’uomo del banco dei pegni (The Pawnbroker) del 1964, Lumet desiderava avere in Spirale d’odio Marlon Brando, ma quando quest’ultimo seppe che il ruolo principale sarebbe andato all’attore inglese James Mason declinò la proposta del regista.

Un thriller in perfetto stile barocco

Il film Spirale d’odio, sceneggiato egregiamente da Leon Prochnik e tratto dal romanzo Child’s Play di Robert Marasco (Ballata macabra) si rivela sin da subito un thriller in perfetto stile e dai colori barocchi. Claustrofobico e inserito in un contesto ecclesiastico, il film di Lumet predispone lo spettatore ad un eterno dubbio iperbolico sull’innocenza o la colpevolezza dei suoi personaggi. La domanda che sia Beau Bridges sia lo stesso David Rounds si pongono durante l’azione cinematografica è legata alle origini del male e della cattiveria.

La pellicola, purtroppo, non otterrà il successo sperato sebbene sia oggi considerato, a mio parere, un film tutto da riscoprire. Lumet darà prova, l’anno successivo, di non aver perso le sue capacità registiche con Serpico dando la possibilità al camaleontico Al Pacino di sfoderare una delle sue migliori interpretazioni cinematografiche.

Credit photo: Filippo Kulberg Taub

James Mason, stanco, invecchiato, affaticato dal tempo, si mostra perfetto nel ruolo del duro insegnante di lettere classiche che non vuole cedere ai compromessi sebbene sembri sempre giù di tono. Al contrario il personaggio di Robert Preston, eccentrico, amichevole e stranamente interessato, bilancia la pellicola con dei risvolti finali davvero interessanti e da approfondire.

Un film prettamente maschilista

Come in ogni film thriller che si rispetti, una dose di adrenalina si potrà percepire in alcuni momenti topici. Film prettamente maschilista e incentrato quasi totalmente su personaggi maschili, Lumet esacerba in continuazione l’idea di mettere in mostra gli atteggiamenti perversi e complicati degli adolescenti e soprattutto il loro rapporto con gli insegnanti.

In una morsa stritolante, nell’aria soffocante dei corridoi della tetra Alma Mater nella quale il protagonista Paul, ignaro e bambagione, si immerge, diviene la cornice perfetta per le mostruosità dell’anima.

I giovani del collegio sono facilmente suggestionabili e corruttibili e il loro accanimento nei confronti del vecchio professore ne sono la prova. E voi siete pronti a ‘giocare’ insieme a loro in questa spirale d’odio?

Buona visione!

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Studioso e appassionato di cinema internazionale. Ha dedicato i suoi studi alle grandi figure femminili del cinema del passato specializzandosi alla Sapienza di Roma nel 2007 e nel 2010 su Bette Davis e Joan Crawford. Nel 2016 ha completato un dottorato di ricerca in Beni culturali e territorio presso l’Università di Roma, Tor Vergata con una tesi sull’attrice israeliana Gila Almagor. Ha scritto diversi saggi e articoli di cinema e pubblicato l’autobiografia inedita in Italia di Bette Davis, Lo schermo della solitudine (Lithos). Oggi insegna Lettere alle nuove generazioni cercando sempre di infondere loro fiducia e soprattutto amore per la storia del cinema.

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