Ah, finalmente l’estate! Sole, mare, tempo libero, insomma, è ora di rilassarsi. Sì, ma poi? Siamo immersi tutto l’anno in situazioni talmente assorbenti che ci consentono di “non pensare”. O per meglio dire, dover pensare per molto tempo e intensamente “alle cose di tutti i giorni” quindi mettere da parte tutti quegli interrogativi della nostra vita, legati al nostro sé, perché di cose importanti da risolvere ne abbiamo e noi di certo non siamo la priorità.
Se si pensa all’estate mi vengono subito in mente fotogrammi di The O.C. – cocktail, swimming pool parties e baci rubati che si nascondono tra la brezza marina – oppure l’iconica campanella di High School Musical che segna da sempre e per sempre l’inizio di questo periodo dove il tempo e gli spazi sembrano trasformarsi improvvisamente in quei famosi orologi di Dalì.

Un momento non facile per chiunque
Ma non per tutti l’estate è un periodo facile da attraversare. Estate vuol dire, come lasciavo intendere poco fa, avere più tempo a disposizione. Per fare quello che magari durante l’anno abbiamo più difficoltà a poter fare certo ma anche per trascorrere più tempo con il nostro miglior amico: noi stessi. Attenzione però che questo non diventi anche il nemico che ci metta il bastone tra le ruote e ci faccia fare tanti autogol. La soluzione? Smettere di riempire gli spazi vuoti. Bisogna saperli e volerli attraversare. Quello che ci si trova può fare paura, certamente…ma può essere anche l’unica occasione di vivere qualcosa di meraviglioso, di unico.
Lana Del Rey nella sua “Summertime Sadness” esprime proprio questo distico ambivalente. In un periodo che per molti è sinonimo di felicità e spensieratezza perché altri lo vivono con malinconia e tristezza Ovviamente nel 2025 come non possiamo tirare in ballo ancora la nostra cara compagna di (dis)avventure salute mentale?
Cos’è la Summertime Sadness?
Secondo studi del National Alliance of Mental Illness, la Summertime SADness, è questo il nome della “depressione estiva” che colpisce la popolazione, solo negli USA, il 10% in più di quella invernale. E ancora, cosa c’entra il Seasonal Affettive Disorder o disordine affettivo stagionale “SAD”, con tutto questo? Cerchiamo di capirne qualcosa di più.
Già negli anni ‘80, Norman Rosenthal, psichiatra dell’Università di Georgetown prima, e Thomas Wehr, collega dell’Istituto Nazionale di Salute Mentale dopo, affermano che la quantità di luce solare altera i ritmi circadiani naturali a causa di produzione di melatonina e che il nostro cervello subisce molto l’influenza di fattori come la temperatura, il tasso di umidità e la durata dell’esposizione alla luce. Inoltre, uno studio dell’università svedese Umeå University durato 5 anni, ha registrato un netto aumento di ricoveri per disturbi mentali quando la temperatura raggiunge o supera i 35° per almeno tre giorni di seguito e un incremento di disturbi del 24% in estate rispetto all’inverno.
Anche in Italia è stato condotto uno studio che ha mostrato quanto, la stagione estiva, influisca sulla salute mentale. Nello specifico, studi dell’Università di Torino, ci dicono infatti che il picco di suicidi e di trattamenti sanitari obbligatori si ha tra marzo e giugno, quindi all’alba della bella stagione. Lo studio in questione, pubblicato sull’ International Journal of Psychiatry in Clinical Practice, si basa su un campione di 730 ricoveri eseguiti fra settembre 2013 e agosto 2015, in cui sono state raccolte non solo le cause del ricovero ma anche sesso, età, livello di studio, occupazione e stato civile. È emersa una prevalenza del 15,4% di TSO nel mese di giugno con tempi di ricoveri più lunghi rispetto a trattamenti svolti in altri periodi dell’anno; in estate invece è aumentata la schizofrenia.
August Blues
Ma la Summertime Sadness non è sola; si parla anche di August blues, termine coniato dal dottor Stephen Ferrando direttore del reparto psichiatria del Medical Center. Questo, legato più all’aspetto sociale, porta angoscia nel mese di agosto, che può diventare patologica se si protrae nel tempo. Angoscia dovuta alla fine delle vacanze, delle aspettative non raggiunte, delle responsabilità lavorative che tornano. Compaiono allora senso di ansia, agitazione o sconforto, insonnia, perdita di peso o mancanza di appetito, perdita d’energia, una costante sensazione di tristezza, desiderio di stare soli e mancanza di interesse verso le cose che normalmente piace fare.
Insomma vi sembrerà di vivere una domenica sera ma per un mese intero. Dante ci senti? Come lo chiamiamo questo girone? Send help!
L’inaspettata positività ellenica
I Greci erano invece più positive. Loro celebravano il cosiddetto “Ozio”, un lasso di tempo, più o meno lungo, durante il quale, occasionalmente o abitualmente, per carattere, per libera scelta o per costrizione, non si svolgeva nessuna attività particolarmente profittevole e andava benissimo così!
Virgilio nelle sue “Bucoliche” lo descrive così, “Dono degli Dei”:
I Greci nell’epoca del loro splendore non avevano che disprezzo per il lavoro, solo agli schiavi era permesso di lavorare: l’uomo libero conosceva esclusivamente gli esercizi ginnici e i giochi dello spirito. Era questa l’epoca in cui si viveva e si respirava in mezzo a un popolo di Aristoteli, di Fidia, di Aristofani; erano questi i tempi in cui un pugno di valorosi travolgeva a Maratona le orde di quell’Asia che di lì a non molto Alessandro avrebbe conquistato. I filosofi dell’antichità insegnavano il disprezzo per il lavoro, degradazione dell’uomo libero; i poeti cantavano l’ozio, dono degli dèi: «O Meliboee, deus nobis haec otia fecit» («O Melibeo, quest’ozio è il dono di un dio»)
Il termine ozio era espresso dai Greci con la parola σχολή (scholḗ) che, secondo un’interpretazione etimologica, significava inizialmente “tempo libero” per cui l’ozio indicherebbe il possedere del tempo da usare in attività disinteressate come lo studio con senz’altro fine che la conoscenza o la contemplazione intima di sé stessi. Un vero lusso che era infatti permesso solo alle classi sociali più alte. Stranieri e membri delle classi subalterne erano esclusi. Le persone dedite ai lavori manuali, come gli artigiani, non erano ben considerate in quanto scarsamente dedite all’ozio.
Cosa ne pensavano i romani?
Nel mondo romano invece c’era egual rispetto tra “negotia” e “otia”. Le prime attività dedite agli affari pubblici e le seconde allo studio, alla cura di sè. Cicerone, nel suo Pro Plancio:

Dagli uomini grandi ci si aspetta che sia grande non solo il loro modo di esercitare negotia, ma anche quello di comportarsi negli otia
Come al solito è tutto una questione di balance! Impara a trovare il tuo equilibrio senza rinunciare ai pieni e ai vuoti, ma piuttosto regolarizzali a tuo ritmo. Ricorda che non c’è una formula che va bene per tutti e che, soprattutto, sei sempre in tempo per trovare, creare, la tua!
Allora, buon riposo e non pensare troppo! Fa’ come lei: apprezza, accogli e sii grato per questo periodo di “Dolce far niente”.
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