L’accessibilità è una questione fondamentale nelle città moderne, poiché garantire spazi pubblici privi di barriere architettoniche significa creare un ambiente che rispetti il diritto alla mobilità di tutti. Sfortunatamente, però, non tutti i Paesi viaggiano alla stessa velocità quando si tratta di pari diritti ed eque opportunità, qualsiasi sia il campo al quale facciamo riferimento. E in questo, purtroppo, bisogna inevitabilmente affermare che Svizzera e Italia mostrano approcci del tutto agli antipodi riguardo ad un tema di così vitale importanza.
La Svizzera ci da un chiaro esempio di civiltà che vive il proprio presente
L’efficienza, che è fare le cose bene, è irrilevante finché non si lavora sulle cose giuste.
Così diceva spesso il saggista austriaco-statunitense Peter Drucker, e chissà, magari aveva proprio ragione e forse gli italiani dovrebbero prestare maggior ascolto alle parole di chi, inevitabilmente, ha più lungimiranza di noi. Le città di Thun e Berna, ad esempio, ne sono una chiara dimostrazione. Si tratta, in effetti, di due realtà da prendere a modello per quanto concerne l’assenza di barriere architettoniche. Inutile dire che la differenza con località nostrane come Milano possa balzare agli occhi, soprattutto se in quest’ultime strade e marciapiedi limitano l’accesso ad un ragguardevole numero di persone e presentano ostacoli che le rendano inaccessibili.
Ma d’altronde, si sa, la Svizzera investe molto per garantire infrastrutture pubbliche che rispondano alle esigenze di tutti, specialmente di coloro che hanno una mobilità ridotta. A Milano, al contrario, ci sono ancora diversi problemi in questo senso. Marciapiedi stretti, pavimentazioni irregolari e ostacoli strutturali rendono alcune aree meno agevoli, alle volte impraticabili, e nonostante gli sforzi per migliorare l’accessibilità, la nostra amata penisola pare trovarsi anni luce indietro.
Ciò che a noi manca
Tuttavia, nello Stato più neutro di tutti, l’accessibilità è molto più di un semplice obbligo normativo. Anzi, è parte integrante della progettazione urbana. Ci sono spazi pedonali larghi e ben pavimentati, rampe agli incroci e semafori dotati di segnali acustici per persone con disabilità visiva. I marciapiedi sono facili da percorrere e i percorsi tattili sono pensati per favorire l’orientamento di chi è ipovedente. Un’attenzione, questa, che si riflette perfino nelle stazioni ferroviarie, dove le strutture garantiscono mobilità senza barriere, con ascensori, rampe e piattaforme che consentono di accedere ai treni in modo semplice e sicuro.
L’approccio svizzero è, quindi, una testimonianza di un investimento costante per migliorare la qualità di vita di tutti i cittadini.
A che punto è l’Italia?
In Itala, invece, l’accessibilità urbana è limitata. A Milano, per citarne una, molti marciapiedi sono ancora stretti e irregolari, con scalini che rendono difficoltoso il passaggio di persone in sedia a rotelle o con mobilità ridotta. Inoltre, sebbene alcuni quartieri moderni e ristrutturati siano più accessibili, molte aree storiche e centrali presentano ancora ostacoli strutturali. Inutile sottolineare, di conseguenza, che l’adeguamento alle normative europee proceda decisamente a rilento.
Basti pensare a stazioni ferroviarie come quella di Domodossola, dove ci sono ancora gravi carenze per attraversare i binari e in cui potrebbe rendersi necessario richiedere assistenza alla polizia ferroviaria una mano per l’attraversamento. Insomma, una differenza abissale con la Nazione d’oltralpe che porta a riflessioni profonde che in pochi fanno e sulle quali sempre più persone dovrebbero soffermarsi maggiormente.
C’è bisogno di un sistema urbano inclusivo
Thun e Berna, appare innegabile a questo punto, possiedono un sistema urbano progettato per essere inclusivo, dove la cura per i dettagli è palpabile in ogni angolo. Non si tratta solo di soddisfare le esigenze di chi ha disabilità, ma di creare uno spazio fruibile per genitori con passeggini, anziani e tutti coloro che possono avere difficoltà motorie. Cosa che è piuttosto difficile osservare qui da noi, dove le barriere architettoniche ostacolano la serena viabilità e vivibilità di innumerevoli contesti.
Forse è proprio la consapevolezza e l’impegno culturale che manca, per non parlare dell’estrema lentezza della burocrazia e della palpabile mancanza di sensibilità a certe tematiche, mentre in Svizzera sembra esserci una volontà diffusa di migliorare continuamente. Investire nell’accessibilità significa promuovere un diritto universale e favorire l’inclusione sociale. La Svizzera dimostra che città senza barriere sono realizzabili e funzionali, e offre un esempio che noi potremmo (e dovremmo!) seguire!
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