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Leviathan (1989): paura, delirio e claustrofobia nei più profondi degli abissi

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Leviathan

Leviathan: Oceano Atlantico, fine anni Ottanta. Sul fondo dell’oceano l’azienda Tri Oceanic ha costruito una base sottomarina per estrarre l’argento. A guidare il gruppo di operai a sedicimila piedi di profondità vi è il geologo Steven Beck (Peter Weller) incaricato dalla CEO della Tri Oceanic Corporation, Miss Martin (Meg Foster). L’uomo dovrà stare tre mesi con un gruppo affiatato di collaboratori al fine di estrarre più argento possibile. L’equipaggio del sottomarino è composto dal dottor Glen Thompson (Richard Crenna), Willie Williams (Amanda Pays), Buzz Parrish detto “tre palle” (Daniel Stern), Justin Jones (Ernie Hudson), Bow Bowman (Lisa Eilbacher) e G. P. Cobb (Héctor Elizondo).

Durante i lavori di trapanazione, però, Buzz cade in un crinale e si imbatte casualmente in una nave russa, il Leviathan che risulterebbe in servizio presso il Mar Baltico. L’uomo chiede aiuto al suo equipaggio e insieme entrano nel relitto recuperando dal suo interno una cassaforte contenente alcune fotografie, un videotape e una fiaschetta di vodka. Tre palle decide di sottrarre la bevanda che dividerà con Bowman. Da quel momento in poi, la vita dei dipendenti della Tri Oceanic cambierà per sempre in un gioco al massacro.

Locandina ufficiale del film/Credit: web

Leviathan: un classico che strizza l’occhio ad altri grandi del suo genere

Il regista greco George Pan Cosmatos dirige un capolavoro d’altri tempi che strizza l’occhio a film quali: Alien (Ridley Scott, 1979), The Abyss (James Cameron, 1989) e soprattutto Creatura degli abissi (Deepstar Six, Sean S. Cunningham, 1989), cercando però di mantenere un’originalità tutta sua. Sebbene tutti i film sopracitati (tranne Alien) siano ambientati nelle acque profonde, Leviathan ha una forza pervasiva nel mescolare i generi alternando momenti di comicità grottesca (l’atteggiamento iniziale dei vari personaggi) a pura follia e paura generali. Il Leviathan è il mostro antico delle sacre scritture che compare dagli abissi per divorare i peccatori. Qui è raffigurato come il relitto volutamente fatto affondare dai Russi per non infettare il mondo già provato e danneggiato di suo.

I personaggi del film si muovono sulla scena come schegge impazzite, girandole senza una meta, rinchiusi in una bolla, una trappola mortale congeniata da loro stessi.

Il senso di claustrofobia unito alla paura e al delirio generale per il mostro (o i mostri) diviene sempre più papabile verso la seconda metà della pellicola. Quando anche i più audaci comprendono la pericolosità della situazione ormai sfuggita ad ogni controllo, vengono bloccati ancora una volta dalla CEO paventando una presunta tempesta che impedisce ai poveri sventurati di poter tornare in superficie.

Un gioiello per ammiratori e appassionati

Scritto a quattro mani da David Webb Peoples (Blade Runner, Ladyhawke) insieme a Jeb Stewart (Die Hard), Leviathan è ancora oggi un film thriller/horror al cardiopalma che terrà inchiodato alla poltrona il suo pubblico di appassionati e ammiratori. Il film di Cosmatos alla fine non ha grandi pretese se non quelle di voler raccontare una storia horror con la speranza di una soluzione positiva finale: la sopravvivenza o meno dei personaggi.

Il cast principale/Credit: web

In un crescendo di angoscia emotiva e nella consapevolezza di aver sfidato le eliche della genetica, Steven Beck dovrà decidere se salvarsi la pelle o se sacrificarsi per la sua ciurma di povere anime. Un plauso va anche al personaggio interpretato dal veterano Héctor Elizondo (Pretty Woman) che proverà in tutti i modi di uscire indenne da quell’inferno sott’acqua.

Buona visione a tutti e ovviamente, attenti al Leviatano!

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Studioso e appassionato di cinema internazionale. Ha dedicato i suoi studi alle grandi figure femminili del cinema del passato specializzandosi alla Sapienza di Roma nel 2007 e nel 2010 su Bette Davis e Joan Crawford. Nel 2016 ha completato un dottorato di ricerca in Beni culturali e territorio presso l’Università di Roma, Tor Vergata con una tesi sull’attrice israeliana Gila Almagor. Ha scritto diversi saggi e articoli di cinema e pubblicato l’autobiografia inedita in Italia di Bette Davis, Lo schermo della solitudine (Lithos). Oggi insegna Lettere alle nuove generazioni cercando sempre di infondere loro fiducia e soprattutto amore per la storia del cinema.

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