A cura di Beatrice Giussani
Viviamo in un’epoca di straordinario progresso tecnologico. Smartphone, computer, case cosiddette “smart” e dispositivi a non finire hanno letteralmente rivoluzionato la nostra quotidianità, per giunta migliorandola sotto molti aspetti. Sfortunatamente, però, ogni progresso ha un costo e uno dei meno visibili, seppur più insidiosi, è l’inquinamento generato da tutta quella tecnologia di cui non possiamo più fare a meno.
Dopotutto, come possono i prodotti da noi creati non avere un impatto sull’ambiente che ci circonda? Lo diceva anche il noto studioso dei media Marshall McLuhan che:
Plasmiamo i nostri strumenti e poi i nostri strumenti plasmano noi
In cosa consiste l’inquinamento tecnologico?
Generalmente con questa espressione non si intende solo l’inquinamento ambientale derivante dalla produzione, dal consumo energetico e dallo smaltimento dei dispositivi elettronici, ma anche (e soprattutto) le conseguenze sociali e psicologiche dell’abuso della tecnologia. Ogni anno, infatti, milioni di tonnellate di rifiuti elettronici vengono prodotti nel mondo: cellulari obsoleti, laptop non più funzionanti e componenti tecnologici inutilizzati finiscono in discariche spesso gestite in modo inadeguato, specialmente nei Paesi in via di sviluppo.
Suddetti rifiuti contengono materiali tossici, come mercurio e piombo, che contaminano il suolo e le falde acquifere, mettendo a rischio la salute delle comunità locali e degli ecosistemi. Tuttavia, tale fenomeno non si ferma qui, dal momento che ha conseguenze ben peggiori e meno tangibili: perdita di tempo, disturbo dell’attenzione e malessere mentale. Lo avreste mai detto? Eppure, le cose stanno realmente così!
Le conseguenze psicologiche dell’inquinamento tecnologico
Non a caso, l’uso eccessivo degli schermi sta alterando i ritmi biologici delle persone, diminuendo la qualità del sonno e aumentando stress ed ansia. Per non parlare della dipendenza dalle tecnologie digitali, che crea isolamento sociale e distoglie dai legami umani reali. Sarebbe necessaria una maggiore consapevolezza nell’uso perché, purtroppo, ci siamo ritrovati intrappolati in un ciclo di consumo eccessivo che, tra le altre cose, ci spinge ad esempio a desiderare l’ultimo modello di smartphone o il dispositivo più innovativo senza che ve ne sia un autentico bisogno.
Le aziende tecnologiche, a mio avviso, dovrebbero assumersi una maggiore responsabilità nella progettazione di prodotti sostenibili, promuovendo il riciclo e una maggiore durabilità. E perfino noi utenti, internauti o in qualunque modo vogliamo chiamarci, abbiamo un ruolo cruciale giacché dovremmo porre un freno al nostro consumismo sfrenato, scegliendo con più attenzione cosa acquistare e riducendo il nostro impatto ambientale. E perché no, magari educarci ad un utilizzo più consapevole della tecnologia, ritagliandoci momenti offline per recuperare il contatto con la realtà e con le persone intorno a noi.
Una condanna che non è inevitabile: cosa fare
L’inquinamento tecnologico non è una condanna inevitabile. Con politiche più severe, incentivi all’adozione di pratiche sostenibili e una maggiore consapevolezza collettiva, possiamo invertire questa tendenza. Il progresso non dovrebbe mai avvenire a scapito del pianeta o del nostro benessere. Sta a noi, però, in qualità di individui e società, costruire un equilibrio tra tecnologia e sostenibilità. In fondo, la vera innovazione, oggi, è quella che rispetta l’ambiente e la qualità della nostra vita. Solo così possiamo assicurarci che il futuro digitale non diventi un problema irreversibile per il pianeta e per noi stessi.
L’idea che Internet sia un’entità “immateriale” è una delle più grandi illusioni della nostra epoca. Ogni clic, ricerca su Google, email inviata o video in streaming ha un costo ambientale nascosto, legato alle infrastrutture che rendono possibile la rete globale. Sebbene sia difficile immaginarlo, la rete contribuisce significativamente all’inquinamento globale, e la sua impronta ecologica cresce di pari passo con il nostro uso sempre più intenso della tecnologia.
Ridurre il consumo per abbattere l’inquinamento tecnologico
L’inquinamento di Internet è principalmente legato al consumo energetico delle infrastrutture digitali. Questo include i data center, che ospitano i server per archiviare e processare i dati online, sono enormi consumatori di energia. Per funzionare, questi dispositivi richiedono elettricità continua e sistemi di raffreddamento per evitare il surriscaldamento. Molti data center utilizzano ancora energia proveniente da fonti fossili, contribuendo direttamente alle emissioni di CO2
La rete che collega i dispositivi (fibre ottiche, ripetitori Wi-Fi, antenne 5G) è anch’essa energivora. Ogni video in streaming o file scaricato deve attraversare queste reti, consumando ulteriore energia. Smartphone, computer e altri dispositivi richiedono energia non solo per essere utilizzati, ma anche per essere prodotti. Il ciclo di vita di un dispositivo, dalla fabbricazione allo smaltimento, ha un impatto significativo in termini di emissioni e rifiuti elettronici.
Secondo recenti stime, il settore tecnologico è responsabile di circa il 2-4% delle emissioni globali di gas serra, una quota comparabile a quella dell’intera industria aeronautica. Attività apparentemente banali, come inviare un’email, generano tra 4 e 50 grammi di CO2, a seconda del peso dell’allegato. Un’ora di streaming su piattaforme come Netflix può emettere fino a 55 grammi. di CO2, il che, moltiplicato per miliardi di utenti, diventa un problema significativo.
Un problema che sottovalutiamo
Ritengo che il problema dell’inquinamento di Internet sia spesso sottovalutato, perché ciò che è virtuale viene percepito come privo di impatto fisico. Tuttavia, questa illusione rischia di farci ignorare un aspetto fondamentale della crisi climatica. Da un lato, internet ha permesso una maggiore efficienza e una riduzione di alcune forme di , consumo, come i viaggi per lavoro grazie alle riunioni virtuali. Dall’altro, invece, il nostro uso sempre più massiccio di servizi online genera un consumo energetico spropositato, spesso inutile o evitabile.
Credo che de aziende tecnologiche abbiano la responsabilità di ridurre il proprio impatto ambientale; investendo in data center alimentati da energie rinnovabili e promuovendo un’innovazione tecnologica più sostenibile. Ma anche noi utenti possiamo fare la nostra parte. Limitare lo streaming in 4K quando non necessario, svuotare le caselle email e ridurre l’uso di cloud per file inutili sono piccoli gesti che, su larga scala, possono fare la differenza. L’inquinamento di Internet non deve essere una condanna.
Con una maggiore consapevolezza, tecnologie più efficienti e un uso responsabile, possiamo ridurre l’impatto ambientale della rete globale Internet, ma il suo vero valore risiede nella capacità di connettere il mondo senza compromettere il pianeta che ci ospita. Sta a noi decidere come utilizzarlo in modo più sostenibile!
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