Maternità surrogata: reato universale o gesto altruistico?

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Maternità Surrogata

Il 16 ottobre 2024 il Senato ha approvato con 84 voti favorevoli e 58 contrari la legge che rende la gestazione per altri (comunemente nota come maternità surrogata o, in termini dispregiativi, “utero in affitto”) un reato universale, rendendo di fatto la proposta una legge in vigore a tutti gli effetti. Per comprendere meglio di cosa si tratta, la gestazione per altri è una gravidanza in cui una donna accetta di portare a termine una gestazione per conto di una coppia terza, i cosiddetti “genitori intenzionali”, attraverso la fecondazione assistita.

Questa pratica è già vietata in Italia dalla Legge 40/2004, che punisce con la reclusione da tre mesi a due anni, e con una multa da 600.000 a un milione di euro, chiunque realizzi o organizzi la gestazione per altri o il commercio di gameti o embrioni. Eppure, per citare le parole di un’intervista fatta alla celebre scrittrice Dacia Maraini:

Offrire il proprio corpo, anche se sotto compenso economico, per donare un figlio a chi non può averlo autonomamente, non è un atto di libertà?

L’universalità di reato può davvero sussistere per la maternità surrogata?

Ma in che modo si verifica la cosiddetta “Gestazione per Altri”? La surrogazione può avvenire in due modalità: con la gestante che è anche madre biologica del bambino o attraverso l’impianto di un embrione creato con gameti di terzi, in cui la gestante non ha alcun legame biologico con il nascituro. Poiché tale pratica era già vietata in Italia, molte coppie si recavano all’estero, in quei Paesi dove la gestazione per altri è legale. Ora, con l’introduzione del reato universale, la punibilità viene estesa anche ai cittadini italiani che ricorrono a tale pratica all’estero, rendendoli perseguibili una volta tornati in Italia.

Il concetto di “reato universale” implica che un determinato atto è perseguibile in Italia anche se commesso fuori dal territorio nazionale, contrariamente alla regola generale del diritto penale, che si applica solo ai reati commessi sul suolo italiano o da cittadini italiani.

Fino ad oggi, il principio di reato universale è stato riservato a crimini particolarmente gravi come genocidio, tortura, terrorismo e tratta di esseri umani. L’estensione territoriale del reato di gestazione per altri è giustificata dall’intenzione di contrastare il “turismo procreativo” e dalle severe sanzioni previste non solo per i genitori intenzionali, ma anche per coloro che organizzano o fanno da intermediari.

Il dibattito

Questo dibattito ha diviso l’opinione pubblica: da un lato, c’è chi difende il diritto alla genitorialità e all’autodeterminazione; dall’altro, chi sostiene la legge in nome della tutela dei minori, della dignità della persona e del corpo femminile. Nonostante la Corte Costituzionale, con la sentenza 162/2014, abbia dichiarato incostituzionale il divieto di fecondazione eterologa (cioè con gameti esterni alla coppia) a condizione che non vi siano sfruttamento o commercializzazione, nessuno ha ancora dichiarato la legge del 2024 incostituzionale proprio in virtù dei principi sopraindicati.

Oltre alle questioni etiche e sociali, è importante riflettere anche sugli aspetti giuridici di questa legge. Ha davvero senso paragonare la gestazione per altri a crimini come la guerra o il terrorismo? Consideriamo che:

Le difficoltà di applicazione della legge

Esisteva già una legge che vietava tale pratica in Italia. La sua applicazione risulta difficile, poiché oltre 60 paesi nel mondo la consentono e non vi è alcun obbligo di cooperazione internazionale in questo ambito. La creazione di un divieto così severo per una pratica legata al desiderio di diventare genitori potrebbe alimentare il mercato nero, mettendo a rischio proprio le persone che si intende proteggere.

Infine, ci si deve chiedere fino a che punto si può estendere il principio di autodeterminazione. Se la vendita di organi è giustamente vietata, la donazione di organi è invece incoraggiata. Analogamente, se la gestazione per altri fosse praticata volontariamente e gratuitamente per scopi altruistici, potrebbe essere paragonata alla donazione di un rene, che salva vite. È quindi davvero necessario equiparare questa pratica a un crimine come la guerra?

Carolina Varchi, prima firmataria del disegno di legge, ha definito questo provvedimento un passo significativo per la tutela delle donne e il rispetto della vita. Ma sarà davvero così? O, come accaduto nei paesi dove l’aborto è vietato, la criminalizzazione aumenterà i rischi per le donne che, non potendo accedere a percorsi regolamentati, potrebbero finire nelle mani di organizzazioni clandestine?

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Nata a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1996 da genitori tunisini, inizia il suo impegno nel sociale a soli 16 anni, dedicandosi al volontariato e all'attivismo nei quartieri più difficili della città. A 18 anni, è la prima ragazza con il velo a candidarsi come consigliera comunale in Italia. Dopo la maturità, si iscrive a giurisprudenza, dove al momento sta scrivendo una tesi in inglese sulla tutela delle vittime di tratta di esseri umani. Ha avviato un percorso di formazione come mediatrice interculturale. Parla fluentemente italiano, arabo, inglese e francese, ed è specializzata nel supporto alle vittime di tratta e nella tutela dei minori non accompagnati. Ha lavorato per anni con organizzazioni internazionali come l'agenzia delle Nazioni Unite IOM e Save the Children. Nel 2016 si trasferisce in Germania, dove completa una formazione come Fundraiser e continua a lavorare su progetti di immigrazione. Oltre all'impegno professionale, porta avanti la sua passione per i diritti umani e la scrittura.

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