Ogni giorno sentiamo parlare di diversità, di disuguaglianze, di omofobia, di razze, di religioni e molto altro ancora, eppure trascuriamo puntualmente un aspetto a dir poco fondamentale: il rispetto verso noi stessi e e soprattutto nei confronti del prossimo. Passeggiando per le città, ad esempio, spesso ci troviamo di fronte a qualcuno meno fortunato di noi, che lo sia sempre stato o magari lo sia diventato nel tempo poco importa dal momento che la reazione che abbiamo è sempre la medesima, che banalmente chiamiamo “senzatetto”, in inglese “homeless”, afflitti per un attimo da un’ondata di compassione che sparisce subito dopo.
Il rispetto è un atto d’amore – Sebastiano Di Campli
Allo stesso modo, ciò che non teniamo mai a mente è che forse, un domani, perfino noi potremmo trovarci al suo posto, provocando agli occhi agli occhi di qualcuno un fastidio, un po’ di pietà passeggera o indifferenza, un peso per le amministrazioni e infine, in alcuni casi, addirittura una minaccia. Nessuno si sofferma mai a riflettere su quella figura, su cosa abbia portato un uomo, una donna o un bambino a vivere in strada, chi era prima, se avesse un lavoro o una famiglia o l’esigenza di cure mediche. Un aspetto sul quale dovremmo tutti soffermarci maggiormente.
Il rispetto è la chiave per una società più giusta e umana
Ogni uomo ha la sua storia, ma di questo a pochi importa davvero. Chissà, magari la lontananza, la solitudine, la depressione, la droga o altro hanno avuto la meglio sulla sua fragilità. Oppure, le circostanze lo hanno costretto ad adottare questo stile di vita. Oggi sono poche le associazioni che si prendono cura di questa fascia della popolazione. Prima fra tutte la Caritas che, nonostante le limitate risorse, offre un pasto caldo, dei vestiti, una doccia, dell’intimo e un posto letto (spazio permettendo) quotidianamente.
Al contrario, quando costoro si rivolgono ai Comuni, il più delle volte, vanno incontro a rifiuti e insofferenza. Purtroppo, i servizi sociali non hanno i mezzi a disposizione per poter sopperire a tutte le richieste e le fasce deboli della società vengono affidate a questo organo che a fatica, e con poco personale disponibile, cerca di gestire: anziani, bambini, disabili e persone non autosufficienti. Di solito perfino i tribunali nei casi di affidi di minori, laddove si evince un’alta conflittualità genitoriale, demandano questi alla gestione degli incontri e a emettere relazioni spesso pericolose e a danno del minore. Naturalmente, ciò avviene non per incapacità ma perché la figura che dovrà gestire tali casi non ha la preparazione adeguata ad affrontare il caso.
Si potrebbe (e dovrebbe) fare di più
A mio modesto avviso, il personale dei Servizi Sociali dovrebbe essere affiancato da dei professionisti il cui compito dovrebbe essere quello di coadiuvare il loro operato. Per carità, è anche vero che oggi i Comuni, non ricevendo finanziamenti da parte dello Stato e quindi in balia dell’autogestione, non hanno le dovute risorse per sopperire tutte le richieste. Si potrebbe fare di più in ogni caso, come nelle scuole dove il personale docente si ritrova a gestire il sostegno di ragazzi con disabilità pur non avendo alcuna preparazione sulla patologia del ragazzo. I comprensori scolastici, ogni mese di marzo, ricevono l’elenco dell’anno successivo degli alunni che necessitano il sostegno e la specifica dello stesso. Pertanto, dal momento che sembra esserci tutto il tempo per formare il docente, perché ciò non accade?
Il rispetto, dunque, deve essere alla base di ogni pensiero, di ogni critica, di ogni giudizio e di ogni ambito di lavoro. E questo vale per noi stessi, per il mondo e per le persone che circondano. Rispetto equivale a libertà, ed entrambe equivalgono alla parola “civiltà”!
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