“Amici non ne ho“, cantava Loredana Bertè. Al di là del pessimismo della frase, la verità è che nella nostra vita i veri amici si possono, a volte, contare sulle dita di una sola mano mentre in altre occasioni avanza addirittura qualche posto tra le dita. Sono molti i luoghi comuni che riguardano l’amicizia al giorno d’oggi. Ad esempio, sentiamo spesso recitare frasi del tipo: “I veri amici delle donne sono gli omosessuali“, “l’amicizia tra donne non esiste“, “tra uomo e donna non può esserci amicizia” e così via. Insomma, tutta una serie di preconcetti che finiscono per ghettizzare un sentimento raro e unico. Proprio per questo, forse, faremmo sicuramente meglio a tornare a parlare di rapporti umani tra persone e non tra categorie.
Nell’era digitale il concetto di “amicizia” diventa estraneo alla realtà
Sin dalla loro nascita, e successivamente con la loro diffusione nel mercato main-stream, i social si sono rivelati essere uno strumento a due facce per chi ne fa uso. Su tali piattaforme, in effetti, siamo più soliti spiare gli altri, contattare “vip” nella speranza che ci rispondano o cercare di copiare lo stile di vita altrui piuttosto che realizzare qualcosa di seriamente costruttivo. In molti finiscono per essere brutte fotocopie del reale, attribuendosi titoli o competenze che non possiedono, deformando se stessi per mezzo di filtri in nome di una perfezione che non esiste e illudendosi di poter creare dei rapporti autentici con persone che neanche si conoscono. Perché, è risaputo, è più facile mettersi in mostra in modo diverso da ciò che si è. Ma la verità è che non bastano un paio di click per essere realmente se stessi o instaurare amicizie.
Gli ingredienti fondamentali per creare una relazione sono due: linguaggio verbale e fisicità. Bisogna ascoltare l’altro, parlarsi e vivere una quotidianità di rapporto. In altre parole, una vita condivisa, seppur non sotto ogni aspetto, che faccia comprendere forza e debolezza di ogni essere umano. E questo, i social media non possono darcelo. Al contrario, essi isolano e creano problemi di varia natura. Primi fra tutti quelli di “socialità”, scusate il gioco di parole, di interrelazione personale con altri individue e, non ultimi, persino di postura dal momento che siamo chini in qualunque circostanza. Mentre passeggiamo al parco, mentre studiamo, mentre viviamo la giornata, mentre lavoriamo e chi più ne ha, più ne metta.
Il parere dell’esperto Paolo Crepet e della giornalista Lucia Esposito
Sarebbe necessaria una dieta detox ogni tanto, usando gli strumenti elettronici e i social in modo consapevole, come insegna l’Associazione ODV ETS Mai Più Solo, presieduta dall’informatico Vincenzo de Feo, o come ricorda lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet. Secondo quest’ultimo, in particolare, i social hanno trasformato l’amicizia in un prêt-à-porter senza senso e sapore, tanto da scrivere all’interno del suo saggio “Elogio dell’amicizia” che:
Un po’ ingenuo pensare che il sentimento di cui ha scritto possa trovarsi in Rete. [È, invece, ndr.] un legame meraviglioso [perché, ndr.] resiste alla distanza nel senso di spazio e tempo. Relazioni, però, che devono avere rispetto delle diversità, delle specificità proprie a ciascuna persona
Anche la giornalista Lucia Esposito, all’interno del suo primo romanzo “Sorelle Spaiate” (Giunti Editore), analizza il fenomeno dei sentimenti tra persone in un’epoca di piena di digitalizzazione e realizza una sorta di inno alla sorellanza. La storia, in particolare, vede protagonisti fatti realmente accaduti, tra cui eventi di cronaca e un’esperienza personale dell’autrice stessa. Il racconto ha inizio con la partenza di lei da Napoli, l’arrivo a Milano, il sogno del giornalismo per poi destreggiarsi nella vita di ragazze diverse accomunate da un unico grande obiettivo.
La trama e il focus sulla “sorellanza”
La Esposito ci guida tra le pagine, nella sua vita, personale e professionale, fatta di entusiasmi, timori, sentimenti. Il romanzo, però, porta soprattutto a riflettere su un valore che spesso dimentichiamo, quello della sorellanza, fatta di donne nate dallo stesso grembo, ma anche da grembi differenti, che hanno bisogno di andare “al di là della copertina” e delle apparenze, svelandosi nelle loro debolezze e forze, ognuna con le sue caratteristiche e per questo tutte uniche e bellissime.
La storia vera conservata da Lucia per 30 anni parla di Ershela, che ha lasciato l’Albania con la speranza di una famiglia e un lavoro in Italia. Un sogno infranto, perché quello che credeva un fidanzato innamorato era in realtà l’uomo che la porterà a fare la prostituta. La protagonista, Viola, si appassionerà alla sua vicenda, da giovanissima giornalista, ma saranno le lettere che Ershela scrive senza spedire mai alla sorella più piccola Alina a unire i destini di queste due donne. Il che, per intenderci, ribadisce l’importanza di relazioni autentiche, fatte di dialogo e ascolto, le quali, con le piattaforme virtuali, non hanno nulla a che vedere!
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