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Braccio di Ferro (1929), l’eroe dei muscoli e degli spinaci debuttava 96 anni fa

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Braccio di Ferro

Se pensiamo agli eroi dei fumetti, probabilmente ci vengono in mente figure alte, eleganti e dotate di superpoteri futuristici. Ma c’è un personaggio che ha saputo conquistare il cuore di generazioni senza mantelli, armature o gadget ipertecnologici: Popeye, conosciuto in Italia come Braccio di Ferro. Il marinaio tutto muscoli, con una pipa sempre in bocca e una passione sfrenata per gli spinaci, ha fatto il suo debutto nel gennaio del 1929, quasi un secolo fa, ed è divenuta nel tempo un’icona che merita di essere ricordata con un sorriso.

L’origine del mito di Braccio di Ferro

Braccio di Ferro esordì, come già anticipato, nel 1929 grazie alla matita del fumettista Elzie Crisler Segar, apparendo per la prima volta nella striscia comica Thimble Theatre. Inizialmente, il protagonista della serie era Castor Oyl (il nostro Castorino), ma con l’arrivo di Popeye, il marinaio rubò immediatamente la scena. La sua parlata sgrammaticata, l’atteggiamento burbero ma onesto, e il modo in cui risolveva ogni problema con i suoi pugni – sempre a favore dei più deboli – lo resero un idolo.

Spinaci: il carburante dell’eroe

Credit: Filippo Kulberg Taub

Se c’è una cosa che distingue Braccio di Ferro da tutti gli altri eroi, è il suo amore per gli spinaci. Ogni volta che la situazione si faceva critica (spesso per colpa del suo rivale, il gigantesco e prepotente Bluto, o Bruto per gli amici italiani), bastava una lattina di spinaci per trasformarlo in una macchina da guerra. Le sue braccia esplodevano in muscoli esagerati, e il mondo sapeva che era meglio non mettersi tra lui e la sua amata Olivia.

Ma perché proprio gli spinaci? In parte, la scelta fu dovuta a un errore scientifico dell’epoca: si credeva che fossero ricchi di ferro, un minerale associato alla forza. Sebbene il contenuto di ferro degli spinaci non sia così straordinario, il mito fu sufficiente per influenzare una generazione intera di bambini, convincendoli a mangiare più verdure. E questo, se ci pensiamo, è già un superpotere!

Un cast memorabile

Oltre a Braccio di Ferro, il mondo del marinaio è popolato da personaggi indimenticabili. Olivia Oyl, l’amata dai modi strambi e dalle gambe chilometriche, è spesso il centro delle rivalità tra Braccio di Ferro e Bruto. Pisellino, il bimbo adottato dal marinaio, aggiunge un tocco di tenerezza alle avventure, mentre Poldo Sbaffini è l’amico pigro e goloso, disposto a promettere di pagarti un hamburger “domani” pur di averlo subito.

Braccio di Ferro e la sua amata Olivia/Credit: Filippo Kulberg Taub

Dalla carta alla televisione

Il successo di Braccio di Ferro non si fermò ai fumetti. Negli anni ’30, le sue avventure furono trasposte in cortometraggi animati, prodotti dai Fleischer Studios e, successivamente, dalla Paramount Pictures. Il suo modo di parlare – un misto di mormorii e battute esilaranti – divenne uno dei tratti distintivi dei cartoni, mentre il tema musicale, “I’m Popeye the Sailor Man”, è ancora oggi riconoscibile da chiunque.

Nel 1980, il personaggio arrivò anche al cinema, interpretato da Robin Williams in un film che, pur non avendo avuto un grande successo all’epoca, è oggi considerato un cult.

L’eredità di Braccio di Ferro

A quasi un secolo dalla sua creazione, Braccio di Ferro continua a essere un simbolo di forza, determinazione e genuinità. È il marinaio che, nonostante i suoi difetti, si alza sempre in difesa di ciò che è giusto, con una lattina di spinaci pronta a salvarlo nei momenti più difficili. È anche un promemoria che non serve essere perfetti per essere eroi: a volte basta avere un grande cuore, una pipa e un po’ di verdura.

Quindi, alziamo il cappello (o il berretto da marinaio) a Popeye: l’eroe più semplice, ma anche il più straordinario, che abbia mai solcato i mari della fantasia!

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Studioso e appassionato di cinema internazionale. Ha dedicato i suoi studi alle grandi figure femminili del cinema del passato specializzandosi alla Sapienza di Roma nel 2007 e nel 2010 su Bette Davis e Joan Crawford. Nel 2016 ha completato un dottorato di ricerca in Beni culturali e territorio presso l’Università di Roma, Tor Vergata con una tesi sull’attrice israeliana Gila Almagor. Ha scritto diversi saggi e articoli di cinema e pubblicato l’autobiografia inedita in Italia di Bette Davis, Lo schermo della solitudine (Lithos). Oggi insegna Lettere alle nuove generazioni cercando sempre di infondere loro fiducia e soprattutto amore per la storia del cinema.

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